sabato 27 giugno 2015

“Non è più il tempo di fingere di non vedere e non sapere”


Mia intervista rilasciata a Susanna Camoli 

La Regione Calabria si trova a dover affrontare di nuovo un “terremoto” di grave intensità. Ieri, con l’operazione Erga Omnes, sui rimborsi gonfiati dai consiglieri. Il PD, e non solo, subisce così un altro duro colpo, nel registro degli indagati sono finiti tutti gli assessori in carica della giunta guidata da Oliverio e l’attuale presidente del Consiglio, Scalzo. Tra gli indagati anche l’attuale assessore alle Attività Produttive Carlo Guccione, il presidente del Consiglio Regionale, Scalzo e il vice presidente della Giunta con delega al Bilancio Enzo Ciconte, e Nino De Gaetano, già nell’ occhio del mirino da tempo, quando l’ ex ministro per gli affari regionali Maria Carmela Lanzetta rifiutò il suo incarico in Regione, per la sua posizione poco chiara, è finito ai domiciliari ( e su questo caso ci sarebbe molto da dire, in quanto la stessa Lanzetta fu “minacciata” di querela da Oliverio qualora non l’ avesse smessa di “accusare”). Le contestazioni si riferiscono alla passata legislatura, quando gli attuali membri dell’esecutivo erano consiglieri regionali. Tutti i 27 indagati sono destinatari di provvedimenti di sequestro beni per un ammontare complessivo di 2,5 milioni di euro. Ora sono in molti a “chiedere la testa” del Governatore e a chiedere un commissariamento, il tutto giustificato in quanto il presidente era a conoscenza del passato della giunta da lui “quasi” creata. Abbiamo posto alcune domande all’On. Angela Napoli,  consulente della Commissione parlamentare Antimafia e presidente dell’ associazione Risveglio ideale, che come sempre ci ha risposto in modo chiaro e che rientra in quell’ “eticamente corretto” che oggi siamo in molti a richiedere.
Dopo quanto accaduto ieri, di seguito all’ inchiesta “Erga omnes”, che ha visto coinvolti nelle indagini la maggior parte della giunta regionale calabrese, cosa che molti si aspettavano, quali sono le sue considerazioni? Come si è arrivati a questo risultato?
-Purtroppo quanto è emerso ieri con l’operazione “Erga omnes” lo si aspettava, giacché fin da quando era partita, nel 2013, l’inchiesta “Rimborsopoli” ed erano emerse le prime indiscrezioni sull’attendibilità dei rimborsi dei consiglieri regionali della Calabria, si era compreso che per molti di loro la legalità è stata un “optional”. Anche i rilievi, nel tempo, da parte della Corte dei Conti avevano fatto emergere la non correttezza di alcune gestioni finanziarie.
Le responsabilità delle persone che figurano coinvolte in questa inchiesta, ferma restando ogni forma di garanzia, non appaiono di poco conto. Non è assolutamente condivisibile né moralmente onesto, dover apprendere che, nonostante i lauti stipendi percepiti dai consiglieri regionali calabresi, parecchi di loro avrebbero sperperato il denaro pubblico per “uso personale”, peraltro, in una Regione dove il tasso di disoccupazione è elevatissimo e dove si registrano situazioni emergenziali in ogni settore.
Appare evidente che da parte degli ex consiglieri regionali coinvolti in questa inchiesta non solo è stata calpestata la Politica con la “P” maiuscola, cioè la Politica a servizio dei cittadini, ma è stata, altresì, evidenziata la mancanza assoluta di quell’etica necessaria a ricoprire cariche pubbliche cosi importanti.
 Lei spesso ha ribadito le colpe dei partiti, che lasciano il compito alla magistratura di fare pulizie ai loro interni, e per l’ ennesima volta è quanto accaduto. Pensa che il presidente Oliverio ne prenderà atto? A suo avviso come dovrebbe agire a questo punto, dato che i cittadini calabresi ne chiedono le dimissioni.
-Personalmente avevo stigmatizzato il comportamento del Presidente Oliverio allorquando decise di attribuire la delega regionale ai trasporti e ai lavori pubblici a Nino De Gaetano, giacché questi lo si sapeva indagato nell’inchiesta “Rimborsopoli” e la stessa figura era apparsa nell’operazione “Il Padrino”. Oggi, con grande rammarico, veniamo a conoscenza che il Presidente Oliverio aveva composto l’intera mini giunta regionale con persone non immuni da procedimenti giudiziari.
A questo punto al Presidente non rimarrebbe che agire di conseguenza, anche alla luce del fatto che la Calabria era stata chiamata con anticipo al rinnovo del consiglio regionale, a causa dei problemi giudiziari che hanno investito l’ex governatore Scopelliti, e ci si attendeva, quindi, una reale “inversione di rotta”, attraverso l’individuazione di uomini e donne “al di sopra di ogni sospetto”, in grado di amministrare legalmente e con competenza la nostra Regione.

Intravede qualcuno, qualora si dovesse tornare al voto, capace di risollevare le sorti della Calabria?
-Mi pone una domanda davvero imbarazzante! Non perché io ritenga che la Calabria sia priva di risorse umane all’altezza del compito, tutt’altro! Bensì perché ritengo che sia giunta l’ora di “ripulire” l’ambiente politico calabrese dalle “solite ed ingombranti facce” che ai cittadini hanno solo arrecato disagi e danni, se è vero, come purtroppo è vero, che la Calabria è diventata una regione non inglobata nel sistema nazionale.

Non c’è calabrese oggi, che non abbia perso totalmente la fiducia nelle istituzioni, la Calabria si trova ora più che mai in uno stato di abbandono e le conseguenze saranno drastiche, probabilmente più del solito, cosa proporrebbe lei per uscire da questo “tunnel” che lascia tutti senza speranze?
-Comprendo la sfiducia che investe il comune cittadino calabrese, costretto ad apprendere, giorno dopo giorno, solo notizie negative per il presente ed il futuro di questa Terra. Penso che nell’attuale grave situazione la gestione della cosa pubblica regionale dovrebbe essere affidata ad un gruppo di persone, qualificate, professionalmente ed eticamente irreprensibili, che non rispondano alle logiche dei partiti politici di appartenenza, bensì esclusivamente agli interessi dei calabresi.

Matteo Renzi, ha appoggiato questa giunta, dato che come anche lei spesso ha detto, prevedeva soggetti già coinvolti in indagini giudiziarie, lo sapeva Oliverio, lo disse l’ ex ministro Lanzetta (sul caso De Gaetano, ora ai domiciliari) e lo sapeva anche il Premier, cosa direbbe oggi a Renzi? E cosa direbbe, a chi ancora oggi continua a “difendere l’ indifendibile”?
-A Renzi, ma non solo a lui, consiglierei di fidarsi un po’ meno di alcuni rappresentanti del suo partito in Calabria. Inizierei col consigliargli di valutare “al meglio” la figura del coordinatore regionale del suo partito, Ernesto Magorno, il quale, peraltro da componente della Commissione parlamentare antimafia, prima ha supportato la nomina dell’ex assessore De Gaetano, e soltanto da ieri, quindi dopo gli interventi giudiziari, chiede “una nuova squadra di governo”. Coordinatore regionale del PD, il quale, tra l’altro, riscopre strumentalmente Platì il giorno dopo la scadenza dei termini previsti per la presentazione delle liste elettorali per il rinnovo delle comunali in quel Centro.
Consiglierei, altresì, al Presidente Renzi di iniziare a non fidarsi di chi “gli si prona ai suoi piedi quale semplice cavalier servente”, ma di ascoltare anche chi, dall’interno del suo partito, avanza qualche giusta proposta critica.
A tutti dico che, se si ama davvero la Calabria, non è più il tempo di fingere di non vedere e non sapere!
http://www.senzafili.org/2015/06/27/intervista-ad-angela-napoli-non-e-piu-il-tempo-di-fingere-di-non-vedere-e-non-sapere/?
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venerdì 26 giugno 2015

“Rimborsopoli”, Oliverio deve dimettersi

                                                                             











Mia intervista
rilasciata in esclusiva a Graziano Tomarchio


link video

                                                                          https://www.youtube.com/watch?t=38&v=ftWi4WwTdnE 

Le responsabilità sono tutte di quei partiti e di quegli uomini politici che si ostinano a delegare alla Magistratura la pulizia del loro mondo

COMUNICATO  STAMPA

L’odierna operazione, denominata “Erga omnes” e scaturita dall’inchiesta “Rimborsopoli”, che ha portato a tre provvedimenti di custodia domiciliare, a cinque divieti di dimora in Calabria (da non sottovalutare!!) e ad oltre due milioni e mezzo di euro sequestrati, il tutto a carico di uomini politici dei vari schieramenti, fa ascrivere alla Calabria una nuova pagina nera.
Le responsabilità sono tutte di quei partiti e di quegli uomini politici che si ostinano a delegare alla Magistratura la pulizia del loro mondo. La responsabilità è di chi dà  incarichi di governo della cosa pubblica a coloro che sanno già essere sottoposti ad inchieste giudiziarie nonché di chi dall’interno dei partiti di appartenenza continua a difendere gli “indifendibili”. La responsabilità è anche di chi non lascia fuori dalla politica coloro che, avvalendosi del consenso elettorale, sperpera o si appropria del denaro dei cittadini.
Credo che il Governatore della Calabria, dopo essersi ostinato a nominare nella sua Giunta personaggi che risultavano già sottoposti ad indagini giudiziarie ed oggi ufficialmente coinvolti nelle stesse, abbia il dovere morale di agire di conseguenza in relazione alla gravità della situazione emersa e ritengo, altresì, che i responsabili degli altri partiti politici, i cui uomini risultano coinvolti nell’inchiesta odierna, debbano comprendere che i cittadini calabresi non possono e non debbano più essere defraudati ed offesi nella loro onestà e moralità.

                                                           Angela Napoli
                                    Presidente Associazione “Risveglio Ideale”

Taurianova, 26 giugno 2015




Dopo Rimborsopoli Oliverio deve dimettersi



Mia intervista rilasciata in esclusiva a Graziano Tomarchio per Approdo News Approdo TV 



sabato 20 giugno 2015

Mia intervista su IL TEMPO


«Il Campidoglio va sciolto per mafia»
Il consulente dell’Antimafia, Napoli: per troppi anni hanno negato l’evidenza.
Corruzione e criminalità organizzata vanno insieme. Attenti alla ’ndrangheta

Francesca Musacchio

 «Il Comune di Roma dovrebbe essere sciolto per infiltrazioni mafiose, ci sono tutti i presupposti. Basterebbe anche solo il titolo dell'inchiesta della Procura di Roma, "Mafia Capitale",che non è una scelta casuale, per capire l'entità del problema». Angela Napoli, ex parlamentare e oggi consulente della Commissione Antimafia, non usa mezzi termini. Il sistema corruttivo legato alla gestione dei centri di accoglienza per gli immigrati e i legami tra alcuni esponenti politici e il malaffare, che le indagini hanno svelato, non lascerebbero dubbi sulle infiltrazioni mafiose è ’'ndranghetiste nella
Capitale.

Secondo lei è possibile che alla fine si decida di sciogliere per mafia il Comune di Roma?
«Non credo che si arriverà a questo. Per l'Italia sarebbe un danno d'immagine terribile, perché Roma è la Capitale. Oltre a questo il sindaco Marino non sembra deciso a mollare. Detto questo per troppi anni pezzi di istituzione, proprio a Roma, si sono ostinati a dire che la mafia qui non c'era. Tutto ciò accadeva mentre erano in corso attività di prevenzione dell'autorità giudiziaria attraverso il sequestro di note attività commerciali, perché frutto di patrimoni illeciti. Ora con l'indagine della Procura si scopre quanto la mafia fosse dentro Roma e non solo».

La 'ndrangheta, che lei conosce bene, è parte dell'inchiesta della Procura. Dalle carte emergerebbe il legame tra chi a Roma faceva affari con gli immigrati ed esponenti della malavita organizzata calabrese.
«La 'ndrangheta è evidente che fa parte di "Mafia Capitale" perché con i centri di accoglienza si fanno affari. Tuttavia il coinvolgimento della malavita spesso si ferma al momento dello sbarco. Una volta che i profughi sono arrivati sulle nostre coste l'interesse della 'ndrangheta va scemando. Si, molti immigrati vengono sfruttati nelle piantagioni gestite dalle cosche a cui devono pagare il "pizzo” sui miseri guadagni.
Altri finiscono a fare i sicari nei regolamenti di conti, ma il grosso degli affari con gli immigrati avviene altrove».

Cosa intende?
«La 'ndrangheta è nel traffico di esseri umani non solo per la partecipazione alla gestione del business dei centri di accoglienza. Al momento ci sono alcune inchieste in corso proprio sui legami tra le cosche e gli scafisti che operano in Libia. Di mezzo c'è uno scambio di armi e droga. Se così non fosse nessuno potrebbe sbarcare in Calabria».

Nella sua Regione l’emergenza profughi è drammatica come quella di Roma?
«Oltre a quelli che stanno nei centri di accoglienza la maggior parte stazionano a Rosarno, Cassano, Rossano e Corigliano dove sono le piantagioni di agrumeti».

Nel libro "L'Antimafia nei fatti",  racconta la sua esperienza personale nella lotta alla criminalità organizzata parlando anche di Taurianova, il comune in cui risiede, e che rappresenta una  sorta di "modello" delle infiltrazioni mafiose all'interno  delle istituzioni.
«É il primo Comune ad essere stato sciolto per infiltrazione mafiosa nel 1991. Nel 2009 e nel 2013 è accaduto ancora, altre due volte. Conosco bene l'argomento e posso dire che nella comprensione della vicenda di "Mafia Capitale" si è fatto un errore di fondo sin dall'inizio».

Quale?

«Si è abituati a pensare che la corruzione non abbia a che vedere con la mafia. Invece sono due facce della stessa medaglia. La corruzione è il viatico attraverso il quale la mafia si inserisce in determinati contesti».

giovedì 18 giugno 2015

Chi ama il Sud combatte per la legalità. Angela Napoli racconta l'antimafia dei fatti


Terra di ribelli, la Calabria. Terra dove si cerca la vita con parole asciutte, sempre essenziali. E si continua ogni giorno a costruire legalità, lottando contro la 'ndrangheta che avvelena i territori cercando di riportare indietro l'orologio della storia. Angela Napoli, una vita in prima linea contro le mafie, ha sentito il bisogno di raccontare la sua esperienza.

Non per compiacimento, ma per ricordare che insieme si può e si deve vincere la criminalità. Il suo libro, L'antimafia dei fatti (Falco Editore, Cosenza, pp. 320, euro 17), è un dossier impressionante di atti parlamentari e iniziative a favore dei territori in cui Angela Napoli ha combattuto per spezzare i cerchi diabolici delle cosche e affermare legalità e giustizia.

Gli episodi di vita vissuta e i documenti riportati attengono a un arco temporale di oltre vent’anni: emerge così la sua attività nella Commissione parlamentare Antimafia e nelle tante realtà critiche dell’Italia, nonché il contributo che ha dato a livello internazionale.

"L'imperativo è sottrarre metri alla mafia - spiega l'ex parlamentare interpellata da Agenzia Radicale - questo è un impegno necessario oggi ancora più che in passato, perché le organizzazioni mafiose hanno mutato pelle, hanno indossato panni nuovi e sono più pericolose di prima".

"Sono sempre stata del parere - spiega ancora Angela Napoli - che le principali e inconsapevoli vittime della criminalità siano i giovani, perché le mafie uccidono le loro speranze, fermano il futuro. Non possiamo permetterlo: la mafia si combatte sul campo - rimarca - senza sconti e stanando le connivenze. In questi anni forze dell'ordine e magistratura - ricorda l'ex parlamentare più volte nel mirino della 'ndrangheta per il suo impegno antimafia - hanno inciso la carne malata delle mafie infliggendo duri colpi soprattutto all'ala militare delle cosche.

Ma - rilancia Angela Napoli -  occorre sconfiggere la parte più pericolosa della criminalità, quella zona grigia collusa con il potere mafioso. Questo è un impegno unitario, che va oltre le appartenenze politiche e si conduce giorno dopo giorno, senza paraocchi ideologici". "L'antimafia - è la sua lezione - non ha bandiere politiche: da uomini e donne dello Stato lottiamo insieme per uccidere questo cancro, rimettere in piedi il Sud e onorare la memoria di chi è caduto in questa battaglia di legalità come i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino".

Il contenuto dei capitoli di questo libro è dunque una testimonianza che parla di atti concreti, di leggi, interpellanze, inchieste; dall’altro va intesa "come materiale per un lavoro "in progress" cui sempre faccio riferimento e da cui è sempre il caso di ripartire per procedere, per avanzare...  come, del resto, continuo a fare ogni giorno, per guadagnare importanti postazioni nelle battaglie per la legalità".

Valori trasmessi a tutti i lettori di questo libro, realizzato in parte sotto forma di intervista, a cura di Orfeo Notaristefano. "La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile", scriveva con amarezza Corrado Alvaro.

Angela Napoli non scinde i due ruoli della sua attività nell’ambito di due istituzioni fondamentali, la scuola e il Parlamento. "Tra il ruolo d’insegnante e di preside (oggi si direbbe dirigente scolastico) e quello di deputato e di componente della Commissione antimafia per un periodo così lungo non trovo cesure, discontinuità o differenze d’impegno e rigore", spiega. Il numero di anni nell’insegnamento equivale pressappoco a quelli del ruolo di parlamentare e della successiva presidenza nel movimento "Risveglio Ideale" e consulenza nell’attuale Commissione antimafia.

Una frase di Bernardo di Chartres recita: "Se ho visto più lontano, ho potuto farlo stando in piedi, sulle spalle di giganti". Anche l’esempio di vita e di attività di Angela Napoli è una traccia che fa strada. "È quindi indispensabile impegnarci tutti - è il monito di queste pagine forti perchè nate sul campo - per far riappropriare la collettività della legalità nel suo significato più profondo, unendo responsabilità e giustizia.

Tutti dobbiamo sentirci chiamati in causa, le istituzioni, la scuola, la giustizia, l'informazione ed anche il comune cittadino. Dobbiamo ripristinare una cultura nuova dei doveri portanti ad una cultura della legalità, intesa questa come coscienza di appartenenza ad una comunità politica e civica le cui remore legittimamente poste vanno spontaneamente osservate. Noi più adulti dovremmo ricordarci che i giovani sono i nostri  figli, i nostri nipoti e che, pertanto, abbiamo il dovere di non spegnere, bensì di rimettere in cammino le loro speranze".

Salvatore Balasco

http://www.agenziaradicale.com/index.php/cultura-e-spettacoli/libri/3512-chi-ama-il-sud-combatte-per-la-legalita-angela-napoli-racconta-l-antimafia-dei-fatti#.VYLiAKzRowc.facebook    

giovedì 4 giugno 2015

Testimoni di giustizia senza tutela



In attesa che intervenga la politica

Testimoni di giustizia senza tutela
Finito il programma di protezione devono poter tornare a una vita normale


di Marianna FERRENTI 

I testimoni di giustizia sono le sentinelle del territorio, che anziché cedere alle richieste delle organizzazioni criminali e rimanere vittime del racket, decidono con coraggio e senso di responsabilità di denunciare gli episodi di estorsione o usura subiti. Entrano in un programma caratterizzato da misure di protezione ordinarie e, qualora risultino insufficienti, vengono speciali misure di sicurezza, incardinate sull’attività della Commissione centrale presso Ministero dell’Interno che tutelino l’incolumità di soggetti a rischio, quelli in costante e gravissimo pericolo di vita. Da quel momento lasciano la terra d’origine e vengono trasferiti in un luogo segreto dove vivranno fino a quando il pericolo non sarà cessato. Una permanenza che può durare lunghissimi anni prima che il programma di protezione termini il suo corso. Colpisce una frase che ha rilasciato per ‘L’Indro‘ Luigi Coppola, testimone di giustizia dal 2001: “Se potessi rinascere sapendo di vivere il calvario vissuto fino ad oggi, sceglierei la Sicilia, lì almeno negli ultimi anni c’è un’attenzione istituzionale che in altre regioni, come la Campania, non esiste”.
Il suo calvario inizia quando, svolgendo la sua attività di commerciante di auto, entra nel mirino di alcuni clan camorristici nell’area tra Pompei e Castellamare di Stabia. Denuncia i tentativi di estorsione subiti e viene sottoposto a un programma di protezione che è durato nove lunghissimi anni, dal 2001 al 2010. Poi, gli viene tolta la scorta e deve affrontare, dal suo punto di vista “l’isolamento e lo stato di abbandono da parte della società e delle istituzioni”. 
Cerchiamo di capire se e in che modo le istituzioni garantiscono a questi cittadini il sostegno per l’integrazione nella comunità, garantendo loro una vita dignitosa. Proviamo ad analizzare quali sono gli interventi che la politica sta attuando per l’integrazione sociale di onesti lavoratori che hanno avuto come unica ‘colpa’ quella di aver contribuito con la loro testimonianza a combattere l’illegalità. 
Ne parliamo con Davide Mattiello (Gruppo indipendente –Pd) e Angela Napoli (ex Fli). Il primo è componente della V Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno delle mafie, e sulle altre associazioni criminali, la seconda è attualmente consulente della Commissione parlamentare Antimafia e presidente dell’Associazione ‘Risveglio Ideale’. Entrambi si sono occupati nel loro percorso politico di testimoni di giustizia. 
Mattiello ha fatto parlare di sé per la relazione approvata il 20 ottobre 2014 all’unanimità della Commissione Antimafia, nella quale, tra l’altro, si auspica la riduzione del ricorso allo strumento della testimonianza in dibattimento come fonte di prova. “Spesso durante i dibattimenti ci si appoggia un po’ troppo a queste testimonianze perché, essendo intrinsecamente attendibili, risultano ‘comode’ per la magistratura, in grado così di chiudere in breve tempo un processo”. “Si potrebbe  fare a meno della loro testimonianza in dibattimento come fonte di prova, evitando loro il trauma di tutte le conseguenze vissute. Oggi esiste per gli investigatori una tecnologia adeguata in grado di costruire prove incontrovertibili da portare in dibattimento. Abbiamo i satelliti, i social network e gli altri strumenti utili a captare i flussi digitali di una persona”, ribadisce l’onorevole Mattiello.
Angela Napoli invece si è occupata di testimoni di Giustizia dal 2006 e nel 2008 è diventata coordinatrice del comitato preposto, interno alla Commissione parlamentare antimafia ed è stata membro della Commissione Parlamentare Antimafia per quattro legislature. Attualmente non è più deputato essendosi dimessa dal Fli nel gennaio 2013. Cerchiamo di comprendere con entrambi gli interlocutori quali possono essere gli interventi migliorativi per la qualità della vita sia dei testimoni di giustizia sia delle loro famiglie. 
Ho predisposto e fatto approvare una adeguata relazione, nella quale, non solo venivano esposti i punti di criticità che permangono nelle norme vigenti, ma proponevo anche soluzioni, per alcune delle quali sarebbe necessario un intervento normativo, per altre una diversa valutazione di approccio e di interventi da parte degli organismi preposti alla tutela dei Testimoni”, afferma la ex onorevole Napoli. Per Angela Napoli “nonostante l’azione del Servizio Centrale di Protezione metta in atto gli standard delle misure tutorie previste dalla vigente normativa, le stesse risultano carenti e quindi andrebbero individuate nuove soluzioni gestionali ed operative”. “Le misure di protezione andrebbero calibrate in relazione alle caratteristiche specifiche di ciascun Testimone di giustizia, tenendo conto della tipologia in cui esso si inquadra. Ad esempio occorrerebbe individuare un’adeguata capacità degli organi di protezione a trattare i Testimoni che svolgevano l’attività di imprenditore nella località di origine e che vorrebbero continuare a svolgerla nella stessa località”. 
Un discorso che implica, a monte, una migliore pianificazione politica delle risorse. Alla base degli impedimenti che in questi anni hanno ostacolato il miglioramento della qualità della vita di questi cittadini vi è “l’esistenza della mentalità che ha considerato, quasi sempre, la figura del testimone come un ‘peso’ e non come una ‘risorsa’. Tale mentalità non ha sicuramente riservato l’attenzione necessaria ad eliminare tutti i punti di criticità esistenti, tra i quali la non sempre adeguata selezione e formazione del personale preposto alla speciale protezione” sostiene la Napoli. 
Sullo stato di abbandono e di isolamento istituzionale la consulente della Commissione Antimafia è netta: “Gli organismi preposti all’attribuzione della tutela dovrebbero essere consapevoli che il pericolo dell’incolumità personale del Testimone di giustizia non finisce sicuramente quando, finite le varie fasi processuali, il criminale viene assicurato alle patrie galere
Per Davide Mattiello, tra i problemi che urgano di essere affrontati vi è la ricezione delle notifiche: “Quando non vi è nessuna possibilità di collegamento con il mondo esterno, lo Stato deve mettere in condizione il testimone di ricevere in modo puntuale le notifiche, cioè le informazioni ufficiali circa le ordinarie questioni amministrative e fiscali, onde evitare il fallimento delle aziende, l’accumulo di debiti, le perdite immobiliari, e molte altre situazioni che possono verificarsi nel momento in cui non si ha la possibilità di occuparsene direttamente, per la distanza dal luogo di origine”, chiosa il deputato. 
Inoltre, la politica, fino ad oggi, non è intervenuta adeguatamente per favorirne l’inserimento lavorativo.  “La capitalizzazione è spesso inadeguata. Il tesoretto che viene dato nelle mani del testimone per ricominciare una nuova vita non è sufficiente. Avrebbero bisogno di un accompagnamento al lavoro più responsabile e sostanziale”, chiosa l’onorevole Mattiello. 
Oggi la legge approvata lo scorso febbraio prevede l’inserimento lavorativo nella Pubblica Amministrazione qualora queste persone non riescano a inserirsi in altri settori, ma al momento è attuata solo in Sicilia, regione a Statuto Speciale e non nelle altre regioni d’Italia. “La regione siciliana ha previsto dei fondi pubblici ad hoc per l’assunzione. Questo significa che i testimoni siciliani possono essere assunti anche in esubero rispetto ai posti disponibili. Nelle altre regioni, invece, la legge nazionale non ha previsto fondi ad hoc per l’assunzione. Ciò vuol dire che in altre regioni i testimoni potranno essere assunti mano a mano che si liberino dei posti nella P. A. sulla base di determinate graduatorie e solo qualora vi sia la copertura in bilancio”. “Al momento stiamo facendo una ricognizione dei posti disponibili nella P.A., staremo a vedere cosa succede in autunno quando finiremo il nostro lavoro. Allora saremo in grado di fare un bilancio”, conclude Mattiello. 

http://www.lindro.it/0-politica/2015-06-04/179495-testimoni-di-giustizia-senza-tutela/