martedì 27 ottobre 2009

Pierpaolo Bruni e Marisa Manzini: il post di Roberto Galullo dal blog de Il Sole 24 ore

Storie parallele in Calabria: i due Bruni e pool antimafia a pezzi ma... per fortuna si vola con Wim Wenders!

C’è Bruni e Bruni. E non pensate a Carla. Lei in questa storia non c’entra.
Eh sì perché la Calabria e l’Italia onesta sanno a malapena che a un Bruni - il Pm Pierpaolo – stanno facendo da anni terra bruciata intorno mentre sono informate a pioggia che un altro Bruni – Gaetano Ottavio, ex mitico presidente della Provincia di Vibo Valentia – è stato scelto come capo di gabinetto dal Governatore della Regione Calabria, Loiero Agazio.
C’è Bruni e Bruni, dicevamo. Pierpaolo è obbligato (dallo Stato) a mollare la presa sulla ‘ndrangheta ed è stato isolato dallo stesso Stato, che se ne fotte tre quarti della sua vita a rischio. Gaetano Ottavio è indagato per il disastro che nel 2006 a Vibo, causa alluvione, si portò via la vita di tre persone. Ma viene fatto sedere alla destra del…governatore.

PIERPAOLO BRUNI TROVA ACCANTO SINDACATI DI POLIZIA,
UN PUGNO DI CITTADINI E SOLO L’ONOREVOLE NAPOLI

Partiamo da Pierpaolo che, come un fabbro mantovano, continua a pestare duro su cosche, massoneria deviata e malapolitica (sono sinonimi tra loro).
Le sue ultimissime indagini hanno portato alla luce l’ennesimo inquietante episodio di “grande fratello telefonico” pronto secondo l’accusa ad ascoltare tutto, depistare le indagini e arricchire la potenza di quella che l’ex Pm Luigi De Magistris chiamava (e io con lui) la “nuova P2” (si veda, da ultimo, il “Fatto quotidiano” del 16 ottobre e i miei tanti articoli dedicati sul Sole-24 Ore all’argomento, oltre alle puntate su Radio24 nella mia trasmissione “Un abuso al giorno” e ai post su questo blog il 9 febbraio, l’11 febbraio e il 23 luglio 2009). Molto, ma molto più potente della gabbia di affaristi architettata dal grande muratore Licio Gelli.
Un pm che non si arresta neppure di fronte al coinvolgimento di politici e personaggi deviati delle Istituzioni, che va per questo motivo a scovare fuori regione (si veda il mio articolo sul “Sole-24 Ore” del 16 ottobre)
Bene, a questo Pm, da fine aprile 2009, non è stata rinnovata l’applicazione alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Catanzaro.
In una regione e in un Paese civile – visto che le cosche hanno progettato di farlo fuori con lanciarazzi, bazooka ed esplosivo – tutti gli uomini onesti si sarebbero alzati come un sol Uomo con un solo scudo e avrebbero gridato: “Giù le mani dal valoroso pm”.
E invece? E invece in Calabria e in Italia gli Uomini sono pochi, lo scudo è solo fiscale e il silenzio è di piombo, come quello che politici collusi, massoni deviati e ‘ndrine non vedono l’ora di piazzare nella testa di Bruni.
Resistenza civile di un centinaio di crotonesi e un’interrogazione – isolata – dell’onorevole di destra Angela Napoli, che l’ha presentata il 7 maggio 2009 al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Tutto qui. Nulla più di questo dalla Calabria che si indigna contro Antonello Venditti (che ha avuto, per quanto mi riguarda, il pregio di aver detto la verità, come ho scritto nel post del 9 ottobre).
Credete che Alfano abbia risposto? Ma va la…Mi consenta: ha cose ben più importanti da fare, cribbio…
In compenso a Crotone, da Bruni, sono arrivati gli ispettori ministeriali e sulla loro recente visita non si sa assolutamente nulla.
La situazione è esplosiva al punto che l’8 settembre i sindacati provinciali della Polizia di Stato si sono rivolti per l’ennesima volta alle Istituzioni e alla magistratura per capire che fine farà un procuratore che non sta solo mettendo alla gogna (cosa per loro infinitamente meno sopportabile della galera) criminali e imprenditori mafiosi (con i loro portafogli gonfi di milioni), ma sta soprattutto sta scavando sui rapporti tra “politica mafiosa” e “mafia politica”.

IL NODO DELLA POLITICA: LE DICHIARAZIONI DI LOIERO AGAZIO

E proprio qui sta il nodo.
Bruni – senza una sollevazione della società civile regionale e della Politica nazionale (ammesso che esista ed infatti avrete notato che l’ho scritto con la P maiuscola) è destinato a rammendare nel futuro prossimo le toppe delle inchieste che gli affideranno, auspicabilmente sempre più lontane dagli intrecci mafia-politica.
Del resto molti di voi sapranno che Bruni – per un periodo - si occupò anche di Why Not (si vedano su questo blog i post che richiamano le attività del magistrato del 24/10/2008, dell’11/, del 23/6, del 17/7, del 23/7 e del 29/7 2009).
Ebbene Loiero Agazio, “nonno Agazio” come lo ha descritto la Gazzetta del Sud in un’indimenticabile e imperdibile intervista dell’8 luglio (si veda da ultimo il mio post del 9 ottobre sull’argomento), sempre prodigo, come vedremo, di amorevoli slanci per gli amici della stessa famiglia, ecco come si pronunciò nei confronti del Pm Pierpaolo Bruni il 6 febbraio 2008 con un tempestivo comunicato stampa ancora oggi godibile (http://www.regione.calabria.it/) :
''Stamattina, intorno alle 7, una decina di carabinieri si sono presentati nella mia casa di Roma con un decreto di perquisizione. Contemporaneamente - dice Loiero - altri militari si sono recati presso la mia abitazione di Catanzaro e negli uffici della Regione Calabria sia a Catanzaro che a Reggio. Solo attraverso il decreto consegnatomi sono venuto a conoscenza di cosa si tratti: l’inchiesta Why Not, aperta due anni fa e nella quale, dopo Prodi e Mastella, faccio ingresso anch'io. A parte il trauma di vedere i militari frugare tra le mie cose più intime in maniera generalizzata (hanno preso di tutto senza un mandato o una direttiva precisa), non riesco a perdere la serenità. Convinto come sono che emergerà la mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati. Fatti vaghi: si fa riferimento a presunti finanziamenti che avrei ottenuto durante la campagna elettorale del 2005 in cambio di favori. Ma nel capo d'imputazione di quei favori non c’è alcuna traccia. C’è semmai prova del contrario: nelle intercettazioni telefoniche di Saladino lo stesso lamenta proprio l'atteggiamento estremamente rigido che io avevo assunto nei confronti dei giovani di Why Not. Mi sembra quindi chiaro che le perquisizioni di oggi solo in apparenza sono finalizzate a trovare prove degli assunti favori, mentre nella sostanza è evidente che hanno lo scopo di mettere sotto la lente di ingrandimento la mia intera attività politica. Cosa - aggiunge Loiero - della quale tra l'altro sono contento non avendo assolutamente nulla da nascondere. D’altra parte capisco che i magistrati di Catanzaro che mi hanno indagato, Pierpaolo Bruni e Alfredo Garbati, non potevano che agire così: non potevano cioè che essere più realisti del re. Basti ricordare che l’ex pm De Magistris, inizialmente titolare dell'inchiesta, ha denunciato presso la Procura di Salerno i seguenti magistrati: l'avvocato generale dello Stato Dolcino Favi, che ha avocato l'indagine; il precedente procuratore generale della Corte d'appello di Catanzaro, dott. Pudia; l'ex procuratore della Repubblica di Catanzaro e quello attuale, Lombardi e Murone; il presidente del Tribunale della libertà, Rinardo; il sostituto procuratore generale della Corte d'appello, D'Amico; l'ex presidente di sezione della Corte d'appello, Baudi, nonchè diversi appartenenti alle forze dell'ordine. Insomma nel palazzo di giustizia di Catanzaro il clima è tutt'altro che sereno e purtroppo per me chi oggi ha in mano il procedimento non può che essere condizionato di riflesso da questo clima. A questo punto però mi auguro fortemente che l'esito della perquisizione, certamente per me positivo, segni l'ultimo passaggio di quest’inchiesta. Infine - conclude Loiero - una riflessione: sono già stato indagato da De Magistris in un’altra inchiesta per la quale lo stesso magistrato mi aveva assicurato in presenza del suo procuratore capo e del mio avvocato che avrebbe chiuso le indagini nel giro di quindici giorni. In verità la chiusura è avvenuta dopo un anno circa e con la richiesta di rinvio a giudizio. Lungo questo interminabile arco di tempo sono stato demonizzato da più parti da figure istituzionali ma anche da imputati di omicidio e furfanti vari. Con riflessi inimmaginabili sulla Regione. Quando un giorno, spero non lontano, risulterò anni luce lontano dagli addebiti che mi si attribuiscono, chi mi potrà mai risarcire e chi soprattutto risarcirà la mia difficile regione?''.

CIAO CIAO ALLE INDAGINI DI BRUNI

Bruni e Garbati sono stati “più realisti del re, condizionati dal clima…”. Senza parole. Sono senza parole.
Morale: ciao ciao Why Not per Bruni e la Procura di Catanzaro (ma guarda te i casi della vita), sta ancora spremendo le meningi sul futuro degli indagati (sono un centinaio) che attendono di sapere se saranno o meno rinviati a giudizio. Ma ci sono le regionali che si avvicinano…Le elezioni, come la notte, portano consiglio a tutti…
Dopo di allora, mai più da parte di Loiero Agazio e dai suoi sodali, una nota ufficiale sul sito della Regione verso un Pm al quale sono stati sottratti processi vitali per scardinare il marcio della vita calabrese, che in questi sei mesi – nel totale silenzio dell’organo di autogoverno della magistratura, delle correnti e correntine della magistratura stessa, della politica parolaia, della Procura generale di Catanzaro e della stessa Procura nazionale antimafia – si sono andate a far benedire.
Si avete letto bene: in questi sei mesi chi aveva interesse ha potuto inquinare come e quando ha voluto le prove di processi che non si sa (ufficialmente) neppure in quali mani siano stati ora affidati.

GAETANO OTTAVIO BRUNI SIEDE ALLA DESTRA
DEL PADRE (POLITICO)

Mentre questo accade da mesi, Loiero Agazio (che, poffarbacco, come auto-dichiara alla stampa ha tutte le carte in regola per ripresentare la sua faccia agli elettori calabresi nel 2010) tiene al futuro di Bruni. No, non Pierpaolo. Che pensate! Ottavio Gaetano Bruni.
Costui fino al 26 luglio 2008 è stato “responsabile dell’Unità organizzativa della presidenza della Giunta” (boh!).
Quel giorno – travolto da un doloroso scandalo familiare che, per estremo rispetto non ricordo qui, perché non sono uno sciacallo ma un giornalista padre di famiglia – diede le dimissioni ricordando in una lettera spedita a Loiero (che l’ha tempestivamente pubblicata sul sito della Regione) che “…in tanti anni di militanza politica con ruoli istituzionali anche importanti alle spalle – sono stato prima assessore e poi due volte presidente della Provincia di Vibo – non sono mai stato sfiorato, in un territorio difficile come quello calabrese, da un avviso di garanzia. ..se mi dimetto lo faccio solo per evitare strumentalizzazioni politiche ai tuoi danni proprio nel momento in cui la regione da te guidata sta compiendo uno sforzo straordinario per lasciarsi alle spalle i grandi problemi ereditati dal passato”. “Sono vicino a Bruni – ha commentato contrito il Presidente-pubblicista Loiero Agazio - che ha svolto un ottimo lavoro, in silenzio e senza quel clamore che per natura non ama. Adesso gli è scoppiato un dramma familiare a cui mi sento con solidarietà e amicizia vicino. Ha deciso di dimettersi per evitare strumentalizzazioni ai miei danni ed ai danni della giunta che presiedo. Anche di questo lo ringrazio”.
Fine della prima puntata. Va però ricordato che Bruni (Gaetano Ottavio) fu chiamato in quel ruolo perché aveva volontariamente abbandonato – dopo uno straordinario balletto di tiro, ritiro, busso, ribusso, mamma ciccio mi tocca, toccami ciccio che mamma non vede, lascio e raddoppio – il posto di presidente della Provincia con la promessa (tradita) di essere candidato alle politiche. Questo politico poteva essere lasciato fuori dai giochi della politica calabrese? No, ed ecco allora la mossa paterna di Loiero Agazio: prego, figliolo, accomodati alla mia destra. Per ora vicino, poi, più in là, “vicino-vicino”.
E infatti di lì a poco, e trascrivo fedelmente dal “Giornale” del 16 ottobre, “…lo stesso giorno in cui la procura di Vibo Valentia invia un avviso di garanzia a Ottavio Bruni, ex presidente della provincia omonima, Loiero lo piazza sulla prestigiosa poltrona di capo di gabinetto, tralasciando il fatto che l’indagine riguarda l’alluvione di Vibo del luglio 2006 che sconquassò la città provocando tre morti. A Bruni si contesta l’inondazione colposa, il danneggiamento colposo e l’omissione di atti d’ufficio. I fatti addebitati a Bruni, secondo i pubblici ministeri calabresi, sarebbero stati il prodotto di «negligenza e imperizia» per non aver messo in sicurezza le reti infrastrutturali nei punti di criticità individuati dal Piano per l’assetto idrogeologico e per non aver designato il funzionario responsabile”.
E’ chiaro che prima della chiamata alla destra del padre (politico), al fedelissimo (che nega ogni addebito) non era stato risparmiato un incarico di prestigio: presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale, che tra le altre cose dovrebbe gestire i finanziamenti post-alluvione.
Sui quei finanziamenti, la solita Angela Napoli in una lettera inviata il 9 ottobre al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, aveva invitato a vigilare, visti gli appetiti famelici delle luride cosche vibonesi.
Del resto che volete cari lettori – e riporto un articolo del quotidiano “Il Foglio” del 1° marzo 2006 - “…Loiero considera Ottavio Bruni una macchina da guerra elettorale che vale il 62% dei voti locali”. Più o meno 20mila voti. Caspita se servono ora che le elezioni regionali si avvicinano e con esse la pugna e la singolar tenzone…

RICORDATE LA DOTTORESSA MANZINI? ….ADDIO POOL ANTIMAFIA

Mentre i due Bruni vivono questa vita parallela destinata (per ora) a non incontrarsi, in Calabria accade anche altro. Si viene storditi e distratti da film e premi. Pane et circenses, anche se in Calabria spesso il pane manca. I giochi del circo, il divago che stordisce e che fa parlare una pubblicistica (che non considero giornalismo) lontana dai miei valori, invece non mancano.
Il film è quello di Wim Wenders, “Il Volo”, un corto di 8 minuti presentato dalla Giunta regionale con gioia e gaudio il 7 settembre, visto che parlerà di immigrazione, dell’accoglienza e dell’ospitalità del popolo calabrese (sulla quale moltissimo ci sarebbe da discutere, fuori dalle ipocrisie).
Il popolo calabrese – alle prese con disoccupazione, malasanità, malapolitica, ‘ndrangheta, ambiente devastato, scuola arretrata, sviluppo industriale inesistente, turismo affossato, caporalato, fondi Ue rubati, burocrazia devastante eccetera eccetera eccetera – non vede l’ora di assistere allo spettacolo.
Il film – ne sono certo: sarà indimenticabile e rappresenterà una pietra miliare nella filmografia cosmica - costerà circa 184 mila euro, con la Regione coproduttrice con 70mila euro. Questo film che ancora non esiste, vista la nullità galoppante del giornalismo, professione alla quale sempre più mi vergogno di appartenere, si è imposto sui media nazionali molto, ma molto più della vicenda Bruni. Calmi, c’è un motivo: Bruni per Wim Wenders non è fotogenico…Ha preferito Ben Gazzara.
I premi, invece, sono quelli che riguardano “nonno Agazio” (copyright indegnamente rubato alla Gazzetta del Sud). A lui, pensate, è andato – e lo dico rispettando al massimo la memoria della persona - il Premio “Vincenzo Restagno”, assegnato dal presidente del Circolo “Paleaghenea” Mario Maesano. “Significativa – si legge nel comunicato stampa, pubblicato forse come pietra miliare della storia calabrese sul sito della Regione il 24 ottobre 2009 - anche la motivazione. Ad Agazio Loiero in quanto gentiluomo della politica, esempio di concretezza, efficienza e risolutezza della pubblica amministrazione che ha saputo coniugare impegno e spirito di servizio. Artefice della crescita del Mezzogiorno degli ultimi anni, è stato promotore di eccellenti iniziative volte allo sviluppo della Calabria”.
Il presidente Loiero Agazio si è detto particolarmente emozionato perché “è il primo premio che ricevo”. C’è sempre una prima volta.
Io non ho parole. E non voglio averne. Commosso, mi asciugo le lacrime e vi racconto che mentre questo accade in Calabria, il sostituto procuratore antimafia della Dda di Catanzaro con delega per Vibo Valentia (ma guarda tu le coincidenze…), Marisa Manzini, dal 10 ottobre ha lasciato volontariamente l’incarico dopo 6 anni e ha chiesto (e ovviamente ottenuto con gioia di molti) di essere aggregata alla tranquilla Procura regionale di Catanzaro. Poteva restare al suo posto per altri 4 anni ma non ha voluto (e potuto…).
Manzini ha messo sotto scacco le cosche vibonesi (Mancuso, Lo Bianco, Bonavota, Fiarè, La Rosa, Anello e Soriano) conducendo storici processi ma tutto questo non le è bastato ad evitare una incredibile interrogazione parlamentare presentata il 1° ottobre 2008 dal senatore del Pdl Giuseppe Menardi da…Cuneo (si veda il mio post pubblicato il 23 novembre 2008).
Il politico coi baffi in pratica chiedeva di conoscere dal solito Alfano se la pm Manzini fosse collusa con la ‘ndrangheta. Una cosuccia da ridere tanto che chiedevo – me tapin tapinello – al ministro Alfano di rispondere subito al senatore e con lui all’Italia intera, perché delle due l’una: o Manzini è un valido magistrato antimafia o, se è collusa, va cacciata a calci nel sedere e magari processata, condannata e messa alla gogna.
Risposte del ministro all’Italia: zero. E così – nonostante un sollecito dossier di fuoco spedito da Manzini ad Alfano su questa polpetta cuneese avvelenata – la Manzini stessa, azzardo io, ha più o meno ragionato così: sapete che c’è? Annatevene tutti a quel paese, lascio la Dda e andate avanti voi a lottare contro i mulini a vento.
La solita Angela Napoli, dopo aver presentato un’interrogazione parlamentare su Manzini già il 25 giugno 2008 (http://www.angelanapoli.blogspot.com/) chiedendo ai ministri dell’Interno e della Giustizia il motivo dell’isolamento del magistrato, ne ha presentata un’altra il 14 ottobre 2009.
Questa volta la cosa è più grave perché oltre a chiedere conto dell’allontanamento di Manzini, la parlamentare chiede anche di sapere per quale motivo, dal 2007, nella provincia di Vibo Valentia devastata dalla potenza delle ‘ndrine, della malapolitica e dei grembiulini sporchi, sia stato di fatto smantellato un pool antimafia che poteva contare su alcune eccellenze investigative ed inquirenti: ad esempio, oltre ovviamente a Manzini, il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti (ora a Caserta), il suo vice Fabio Zampagliano e un generale dei Carabinieri.
Vale qui per Manzini il ragionamento che Napoli ha fatto a proposito del pm Bruni, allorchè denunciava che la sua estromissione dall’organico “peraltro già striminzito, della Dda di Catanzaro, è sicuramente un atto che svilisce la bontà del contrasto alla criminalità organizzata, ed appare, ad avviso dell’interrogante, un segnale di incoraggiamento al sistema di malaffare, corruzione e collusione che imperversa in Calabria”.
Ma del resto di cosa si deve preoccupare la Calabria? Sta o non sta per spiccare “Il Volo” con Wim Wenders? Sì, un volo a precipizio. Inarrestabile. Oltre il baratro.
roberto.galullo@ilsole24ore.com

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mai più in Calabria.
Così ha dichiarato Duccio Astaldi, Presidente di Condotte, la terza impresa italiana.
Venendo in Calabria sapevano di trovare la Mafia ma non di trovare uno Stato assente e le Amministrazioni locali che fungono da braccio operativo della Mafia.
E nessun PD o PdL calabrese a sforzarsi a modificare la situazione.
Nessuna Autorità a porre il problema in primo piano senza inutili e schifosi convegni, manifestazioni e protocolli della legalità.