Le proteste dei tanti Testimoni di Giustizia evidenziano i numerosi disagi vissuti, unitamente ai propri familiari, per i quali occorre un immediato intervento. I Testimoni di Giustizia, purtroppo pochi in Italia, sono cittadini che, con senso di responsabilità e coraggio, hanno reso testimonianza, riferendo o denunciando, alla magistratura e alle forze dell’ordine, fatti specifici e circostanziali, riguardanti la criminalità organizzata. Per tale motivo la figura del Testimone dovrebbe essere considerata e valutata quale modello positivo che incarna una scelta di legalità in aree ad alta densità mafiosa.
Ma appare, quindi, impossibile ignorare che lo status di Testimone di Giustizia provoca disagio che, se non controllato, rischia di sfociare in situazioni di vera e propria alienazione. Il sentimento personale della giustizia e della legalità contrasta con la storia che viene vissuta dal Testimone e che vede scorrere dinanzi a sé. Anche la rappresentazione dello Stato, la sua natura etica ed il suo ruolo di tutela rischiano di essere inglobati in questa perdita, fino alla perdita della fiducia nello Stato e nelle sue forze.
In una simile situazione, angosciata perfino dall’impossibilità di svolgere un’attività lavorativa o continuare quella interrotta e, per di più, soggetto a cambiamento di abitudini, luogo di vita, relazioni sociali, generalità d’identificazione, il Testimone di Giustizia diventa uno nessuno e centomila.
Occorre allora una cambiamento radicale della gestione dei Testimoni, una diversa filosofia nell’approccio alla figura di Testimone. In tal senso ritengo che non vada sottovalutata, ma, al contrario, possa servire da base propositiva, la relazione approvata dalla Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 19 febbraio 2008 e trasmessa al Parlamento. Non servono interventi parziali, occorre davvero quel cambiamento radicale, per il quale faccio appello al Ministro dell’Interno e al Sottosegretario di Stato, on. Alfredo Mantovano, delegato in materia. Cerchiamo di lavorare insieme, affinché, ogni Testimone di Giustizia, non debba mai pentirsi di aver scelto una strada indicativa e coraggiosa per il contrasto alla criminalità organizzata tutta.
On. Angela NAPOLI
Componente Commissione Nazionale Antimafia
Roma, 12 maggio 2009
Ma appare, quindi, impossibile ignorare che lo status di Testimone di Giustizia provoca disagio che, se non controllato, rischia di sfociare in situazioni di vera e propria alienazione. Il sentimento personale della giustizia e della legalità contrasta con la storia che viene vissuta dal Testimone e che vede scorrere dinanzi a sé. Anche la rappresentazione dello Stato, la sua natura etica ed il suo ruolo di tutela rischiano di essere inglobati in questa perdita, fino alla perdita della fiducia nello Stato e nelle sue forze.
In una simile situazione, angosciata perfino dall’impossibilità di svolgere un’attività lavorativa o continuare quella interrotta e, per di più, soggetto a cambiamento di abitudini, luogo di vita, relazioni sociali, generalità d’identificazione, il Testimone di Giustizia diventa uno nessuno e centomila.
Occorre allora una cambiamento radicale della gestione dei Testimoni, una diversa filosofia nell’approccio alla figura di Testimone. In tal senso ritengo che non vada sottovalutata, ma, al contrario, possa servire da base propositiva, la relazione approvata dalla Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 19 febbraio 2008 e trasmessa al Parlamento. Non servono interventi parziali, occorre davvero quel cambiamento radicale, per il quale faccio appello al Ministro dell’Interno e al Sottosegretario di Stato, on. Alfredo Mantovano, delegato in materia. Cerchiamo di lavorare insieme, affinché, ogni Testimone di Giustizia, non debba mai pentirsi di aver scelto una strada indicativa e coraggiosa per il contrasto alla criminalità organizzata tutta.
On. Angela NAPOLI
Componente Commissione Nazionale Antimafia
Roma, 12 maggio 2009
1 commento:
Come no? Mantovano è proprio la persona giusta aq cui rivolgere un appello sulla tutela dei testimoni di giustizia, certi che saprà accoglierlo, così come fece nel 2004 con Pino Masciari, togliendolo dal Programma di Protezione, a processi ancora aperti.E come sta facendo oggi, rifiutandosi di dare esecuzione ad una sentenza del TAR che fa ragione a Masciari e alla sua famiglia. Mantovani si dovrebbe solo vergognare, ogni appelli a lui rivolto è assolutamente inutile perchè cade nell'assoluto vuoto.
La vicinanza di An con forza itaglia prima e il suo liquefarsi nel pdl dopo hanno fatto male a che, ancora, crede ai principi di libertà e di giustizia.
Senza entrare nel merito della nostra terra, dove non si muove foglia, neanche di fronte all'evidenza...e mi riferisco ai comuni ancora in mano alla mafia,ahi voglia ad aspettare Mantovano o, peggio, Maroni troppo impegnato nella deportazione dei migranti in Libia! Vergogna nazionale!
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