martedì 27 ottobre 2009

L'interpellanza sullo sviluppo del Porto di Gioia Tauro

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro delle infrastrutture dei trasporti e il Ministro per i rapporti con le regioni: per sapere - premesso che:

- il Porto di Gioia Tauro, che avrebbe dovuto rappresentare il volano dello sviluppo dell'intera Calabria, rimane ancorato alla sola attività di transhipment, anche se la stessa sta evidenziando altalenanti fasi positive e negative;

- la gestione del Porto di Gioia Tauro è stata sempre organizzata in un quadro di incertezze che non hanno consentito l'effettuazione della polifunzionalità del Porto stesso: ritardi nei finanziamenti, scarsa attenzione sulla rivalità nata da parte di altri porti italiani e mediterranei, lentezza nel completamento delle infrastrutture portuali, marginalità dell'obiettivo della polifunzionalità, mancanza dell'istituzione di una zona franca produttiva;

- fin dal dicembre del 1997, già Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi, con la presentazione delle linee-guida del «famigerato» master plan del Porto di Gioia Tauro, era divenuta del tutto marginale la relativa polifunzionalità, anzi era apparsa chiara la volontà di capovolgere la polifunzionalità completa, affermata nel protocollo d'intesa; - nel marzo del 1998, l'allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, ha supportato il veto, espresso nel luglio 1996, dalle organizzazioni sindacali confederali circa l'ipotesi d’istituzione di zone franche nel sud, comunicando l'approvazione di ben quattro punti franchi doganali in Sardegna e non nel Porto di Gioia Tauro;

- sempre sotto la Presidenza del Consiglio del professor Romano Prodi, nel 1996 era già stato nominato un inutile coordinamento del Porto di Gioia Tauro, affidato al Sottosegretario di Stato ai Trasporti dell'epoca;

- ancora in questa legislatura la Regione Calabria ha assunto comportamenti che l'interpellante giudica equivoci nei confronti del Porto di Gioia Tauro; nonostante l'anomala nomina di un sottosegretario regionale con apposita delega per quell'area portuale, nonché la nomina di un Commissario Straordinario per l’elaborazione di un piano di sviluppo strategico per l’area ampia sempre di Gioia Tauro è riscontrabile una inefficiente ed equivoca programmazione per rilanciare le potenzialità del Porto stesso e del relativo retroporto;

- la legge finanziaria del 2007 aveva introdotto l'autonomia finanziaria delle Autorità portuali, senza creare alcun beneficio per Gioia Tauro, visto che oltre il 94 per cento delle merci che transitano per quel Porto non toccano terra e che le banchine esistenti sono quasi tutte concesse alla Medcenter e alla Blg;

- sempre la legge finanziaria del 2007 aveva autorizzato un contributo di 50 milioni di euro per il 2008 per lo sviluppo del Porto di Gioia Tauro;
- la stessa Trenitalia continua a far lievitare il costo della intermodalità mare – ferro, mettendo in discussione accordi commerciali sottoscritti soltanto alcuni mesi fa, e triplicando la circolazione dei mezzi pesanti sulle strade calabresi, sufficientemente penalizzate dai cantieri, sulla Autostrada Salerno – Reggio Calabria;
- solo l’istituzione di una “zona franca” nel Porto di Gioia Tauro avrebbe rappresentato uno strumento capace di creare sviluppo in sinergia con attività portuali e di Transphiment;
- ma dai quotidiani regionali degli ultimi giorni si apprende che nell’ambito delle entrate in vigore delle 22 zone franche urbane italiane, la Regione Calabria non avrebbe fatto inserire proprio quella di Gioia Tauro, propendendo per altre zone calabresi e finendo così con l’ agevolare zone del territorio regionale sicuramente meno disagiate di quelle della Piana di Gioia Tauro;
- all’interpellante appaiono davvero non più accettabili la disattenzione e le equivocità che fino ad oggi sono ruotate attorno al Porto di Gioia Tauro , nonché la mancanza di adeguati interventi utili a far rappresentare quel Porto quale volano per lo sviluppo dell’intera Calabria:

- quali gli interventi per scongiurare che le scelte della politica nazionale e regionale non provochino il definitivo abbandono della possibile polifunzionalità del Porto di Gioia Tauro ed il decremento dell’attuale attività di transhipment, con il conseguente crollo dell’ attività occupazionale, esistente in una zona del territorio calabrese, sufficientemente intaccata dall’alto tasso di disoccupazione e dalla preoccupante pervasività delle cosche della ‘ndrangheta.

On. Angela NAPOLI

Roma, 27 ottobre 2009

Pierpaolo Bruni e Marisa Manzini: il post di Roberto Galullo dal blog de Il Sole 24 ore

Storie parallele in Calabria: i due Bruni e pool antimafia a pezzi ma... per fortuna si vola con Wim Wenders!

C’è Bruni e Bruni. E non pensate a Carla. Lei in questa storia non c’entra.
Eh sì perché la Calabria e l’Italia onesta sanno a malapena che a un Bruni - il Pm Pierpaolo – stanno facendo da anni terra bruciata intorno mentre sono informate a pioggia che un altro Bruni – Gaetano Ottavio, ex mitico presidente della Provincia di Vibo Valentia – è stato scelto come capo di gabinetto dal Governatore della Regione Calabria, Loiero Agazio.
C’è Bruni e Bruni, dicevamo. Pierpaolo è obbligato (dallo Stato) a mollare la presa sulla ‘ndrangheta ed è stato isolato dallo stesso Stato, che se ne fotte tre quarti della sua vita a rischio. Gaetano Ottavio è indagato per il disastro che nel 2006 a Vibo, causa alluvione, si portò via la vita di tre persone. Ma viene fatto sedere alla destra del…governatore.

PIERPAOLO BRUNI TROVA ACCANTO SINDACATI DI POLIZIA,
UN PUGNO DI CITTADINI E SOLO L’ONOREVOLE NAPOLI

Partiamo da Pierpaolo che, come un fabbro mantovano, continua a pestare duro su cosche, massoneria deviata e malapolitica (sono sinonimi tra loro).
Le sue ultimissime indagini hanno portato alla luce l’ennesimo inquietante episodio di “grande fratello telefonico” pronto secondo l’accusa ad ascoltare tutto, depistare le indagini e arricchire la potenza di quella che l’ex Pm Luigi De Magistris chiamava (e io con lui) la “nuova P2” (si veda, da ultimo, il “Fatto quotidiano” del 16 ottobre e i miei tanti articoli dedicati sul Sole-24 Ore all’argomento, oltre alle puntate su Radio24 nella mia trasmissione “Un abuso al giorno” e ai post su questo blog il 9 febbraio, l’11 febbraio e il 23 luglio 2009). Molto, ma molto più potente della gabbia di affaristi architettata dal grande muratore Licio Gelli.
Un pm che non si arresta neppure di fronte al coinvolgimento di politici e personaggi deviati delle Istituzioni, che va per questo motivo a scovare fuori regione (si veda il mio articolo sul “Sole-24 Ore” del 16 ottobre)
Bene, a questo Pm, da fine aprile 2009, non è stata rinnovata l’applicazione alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Catanzaro.
In una regione e in un Paese civile – visto che le cosche hanno progettato di farlo fuori con lanciarazzi, bazooka ed esplosivo – tutti gli uomini onesti si sarebbero alzati come un sol Uomo con un solo scudo e avrebbero gridato: “Giù le mani dal valoroso pm”.
E invece? E invece in Calabria e in Italia gli Uomini sono pochi, lo scudo è solo fiscale e il silenzio è di piombo, come quello che politici collusi, massoni deviati e ‘ndrine non vedono l’ora di piazzare nella testa di Bruni.
Resistenza civile di un centinaio di crotonesi e un’interrogazione – isolata – dell’onorevole di destra Angela Napoli, che l’ha presentata il 7 maggio 2009 al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Tutto qui. Nulla più di questo dalla Calabria che si indigna contro Antonello Venditti (che ha avuto, per quanto mi riguarda, il pregio di aver detto la verità, come ho scritto nel post del 9 ottobre).
Credete che Alfano abbia risposto? Ma va la…Mi consenta: ha cose ben più importanti da fare, cribbio…
In compenso a Crotone, da Bruni, sono arrivati gli ispettori ministeriali e sulla loro recente visita non si sa assolutamente nulla.
La situazione è esplosiva al punto che l’8 settembre i sindacati provinciali della Polizia di Stato si sono rivolti per l’ennesima volta alle Istituzioni e alla magistratura per capire che fine farà un procuratore che non sta solo mettendo alla gogna (cosa per loro infinitamente meno sopportabile della galera) criminali e imprenditori mafiosi (con i loro portafogli gonfi di milioni), ma sta soprattutto sta scavando sui rapporti tra “politica mafiosa” e “mafia politica”.

IL NODO DELLA POLITICA: LE DICHIARAZIONI DI LOIERO AGAZIO

E proprio qui sta il nodo.
Bruni – senza una sollevazione della società civile regionale e della Politica nazionale (ammesso che esista ed infatti avrete notato che l’ho scritto con la P maiuscola) è destinato a rammendare nel futuro prossimo le toppe delle inchieste che gli affideranno, auspicabilmente sempre più lontane dagli intrecci mafia-politica.
Del resto molti di voi sapranno che Bruni – per un periodo - si occupò anche di Why Not (si vedano su questo blog i post che richiamano le attività del magistrato del 24/10/2008, dell’11/, del 23/6, del 17/7, del 23/7 e del 29/7 2009).
Ebbene Loiero Agazio, “nonno Agazio” come lo ha descritto la Gazzetta del Sud in un’indimenticabile e imperdibile intervista dell’8 luglio (si veda da ultimo il mio post del 9 ottobre sull’argomento), sempre prodigo, come vedremo, di amorevoli slanci per gli amici della stessa famiglia, ecco come si pronunciò nei confronti del Pm Pierpaolo Bruni il 6 febbraio 2008 con un tempestivo comunicato stampa ancora oggi godibile (http://www.regione.calabria.it/) :
''Stamattina, intorno alle 7, una decina di carabinieri si sono presentati nella mia casa di Roma con un decreto di perquisizione. Contemporaneamente - dice Loiero - altri militari si sono recati presso la mia abitazione di Catanzaro e negli uffici della Regione Calabria sia a Catanzaro che a Reggio. Solo attraverso il decreto consegnatomi sono venuto a conoscenza di cosa si tratti: l’inchiesta Why Not, aperta due anni fa e nella quale, dopo Prodi e Mastella, faccio ingresso anch'io. A parte il trauma di vedere i militari frugare tra le mie cose più intime in maniera generalizzata (hanno preso di tutto senza un mandato o una direttiva precisa), non riesco a perdere la serenità. Convinto come sono che emergerà la mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati. Fatti vaghi: si fa riferimento a presunti finanziamenti che avrei ottenuto durante la campagna elettorale del 2005 in cambio di favori. Ma nel capo d'imputazione di quei favori non c’è alcuna traccia. C’è semmai prova del contrario: nelle intercettazioni telefoniche di Saladino lo stesso lamenta proprio l'atteggiamento estremamente rigido che io avevo assunto nei confronti dei giovani di Why Not. Mi sembra quindi chiaro che le perquisizioni di oggi solo in apparenza sono finalizzate a trovare prove degli assunti favori, mentre nella sostanza è evidente che hanno lo scopo di mettere sotto la lente di ingrandimento la mia intera attività politica. Cosa - aggiunge Loiero - della quale tra l'altro sono contento non avendo assolutamente nulla da nascondere. D’altra parte capisco che i magistrati di Catanzaro che mi hanno indagato, Pierpaolo Bruni e Alfredo Garbati, non potevano che agire così: non potevano cioè che essere più realisti del re. Basti ricordare che l’ex pm De Magistris, inizialmente titolare dell'inchiesta, ha denunciato presso la Procura di Salerno i seguenti magistrati: l'avvocato generale dello Stato Dolcino Favi, che ha avocato l'indagine; il precedente procuratore generale della Corte d'appello di Catanzaro, dott. Pudia; l'ex procuratore della Repubblica di Catanzaro e quello attuale, Lombardi e Murone; il presidente del Tribunale della libertà, Rinardo; il sostituto procuratore generale della Corte d'appello, D'Amico; l'ex presidente di sezione della Corte d'appello, Baudi, nonchè diversi appartenenti alle forze dell'ordine. Insomma nel palazzo di giustizia di Catanzaro il clima è tutt'altro che sereno e purtroppo per me chi oggi ha in mano il procedimento non può che essere condizionato di riflesso da questo clima. A questo punto però mi auguro fortemente che l'esito della perquisizione, certamente per me positivo, segni l'ultimo passaggio di quest’inchiesta. Infine - conclude Loiero - una riflessione: sono già stato indagato da De Magistris in un’altra inchiesta per la quale lo stesso magistrato mi aveva assicurato in presenza del suo procuratore capo e del mio avvocato che avrebbe chiuso le indagini nel giro di quindici giorni. In verità la chiusura è avvenuta dopo un anno circa e con la richiesta di rinvio a giudizio. Lungo questo interminabile arco di tempo sono stato demonizzato da più parti da figure istituzionali ma anche da imputati di omicidio e furfanti vari. Con riflessi inimmaginabili sulla Regione. Quando un giorno, spero non lontano, risulterò anni luce lontano dagli addebiti che mi si attribuiscono, chi mi potrà mai risarcire e chi soprattutto risarcirà la mia difficile regione?''.

CIAO CIAO ALLE INDAGINI DI BRUNI

Bruni e Garbati sono stati “più realisti del re, condizionati dal clima…”. Senza parole. Sono senza parole.
Morale: ciao ciao Why Not per Bruni e la Procura di Catanzaro (ma guarda te i casi della vita), sta ancora spremendo le meningi sul futuro degli indagati (sono un centinaio) che attendono di sapere se saranno o meno rinviati a giudizio. Ma ci sono le regionali che si avvicinano…Le elezioni, come la notte, portano consiglio a tutti…
Dopo di allora, mai più da parte di Loiero Agazio e dai suoi sodali, una nota ufficiale sul sito della Regione verso un Pm al quale sono stati sottratti processi vitali per scardinare il marcio della vita calabrese, che in questi sei mesi – nel totale silenzio dell’organo di autogoverno della magistratura, delle correnti e correntine della magistratura stessa, della politica parolaia, della Procura generale di Catanzaro e della stessa Procura nazionale antimafia – si sono andate a far benedire.
Si avete letto bene: in questi sei mesi chi aveva interesse ha potuto inquinare come e quando ha voluto le prove di processi che non si sa (ufficialmente) neppure in quali mani siano stati ora affidati.

GAETANO OTTAVIO BRUNI SIEDE ALLA DESTRA
DEL PADRE (POLITICO)

Mentre questo accade da mesi, Loiero Agazio (che, poffarbacco, come auto-dichiara alla stampa ha tutte le carte in regola per ripresentare la sua faccia agli elettori calabresi nel 2010) tiene al futuro di Bruni. No, non Pierpaolo. Che pensate! Ottavio Gaetano Bruni.
Costui fino al 26 luglio 2008 è stato “responsabile dell’Unità organizzativa della presidenza della Giunta” (boh!).
Quel giorno – travolto da un doloroso scandalo familiare che, per estremo rispetto non ricordo qui, perché non sono uno sciacallo ma un giornalista padre di famiglia – diede le dimissioni ricordando in una lettera spedita a Loiero (che l’ha tempestivamente pubblicata sul sito della Regione) che “…in tanti anni di militanza politica con ruoli istituzionali anche importanti alle spalle – sono stato prima assessore e poi due volte presidente della Provincia di Vibo – non sono mai stato sfiorato, in un territorio difficile come quello calabrese, da un avviso di garanzia. ..se mi dimetto lo faccio solo per evitare strumentalizzazioni politiche ai tuoi danni proprio nel momento in cui la regione da te guidata sta compiendo uno sforzo straordinario per lasciarsi alle spalle i grandi problemi ereditati dal passato”. “Sono vicino a Bruni – ha commentato contrito il Presidente-pubblicista Loiero Agazio - che ha svolto un ottimo lavoro, in silenzio e senza quel clamore che per natura non ama. Adesso gli è scoppiato un dramma familiare a cui mi sento con solidarietà e amicizia vicino. Ha deciso di dimettersi per evitare strumentalizzazioni ai miei danni ed ai danni della giunta che presiedo. Anche di questo lo ringrazio”.
Fine della prima puntata. Va però ricordato che Bruni (Gaetano Ottavio) fu chiamato in quel ruolo perché aveva volontariamente abbandonato – dopo uno straordinario balletto di tiro, ritiro, busso, ribusso, mamma ciccio mi tocca, toccami ciccio che mamma non vede, lascio e raddoppio – il posto di presidente della Provincia con la promessa (tradita) di essere candidato alle politiche. Questo politico poteva essere lasciato fuori dai giochi della politica calabrese? No, ed ecco allora la mossa paterna di Loiero Agazio: prego, figliolo, accomodati alla mia destra. Per ora vicino, poi, più in là, “vicino-vicino”.
E infatti di lì a poco, e trascrivo fedelmente dal “Giornale” del 16 ottobre, “…lo stesso giorno in cui la procura di Vibo Valentia invia un avviso di garanzia a Ottavio Bruni, ex presidente della provincia omonima, Loiero lo piazza sulla prestigiosa poltrona di capo di gabinetto, tralasciando il fatto che l’indagine riguarda l’alluvione di Vibo del luglio 2006 che sconquassò la città provocando tre morti. A Bruni si contesta l’inondazione colposa, il danneggiamento colposo e l’omissione di atti d’ufficio. I fatti addebitati a Bruni, secondo i pubblici ministeri calabresi, sarebbero stati il prodotto di «negligenza e imperizia» per non aver messo in sicurezza le reti infrastrutturali nei punti di criticità individuati dal Piano per l’assetto idrogeologico e per non aver designato il funzionario responsabile”.
E’ chiaro che prima della chiamata alla destra del padre (politico), al fedelissimo (che nega ogni addebito) non era stato risparmiato un incarico di prestigio: presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale, che tra le altre cose dovrebbe gestire i finanziamenti post-alluvione.
Sui quei finanziamenti, la solita Angela Napoli in una lettera inviata il 9 ottobre al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, aveva invitato a vigilare, visti gli appetiti famelici delle luride cosche vibonesi.
Del resto che volete cari lettori – e riporto un articolo del quotidiano “Il Foglio” del 1° marzo 2006 - “…Loiero considera Ottavio Bruni una macchina da guerra elettorale che vale il 62% dei voti locali”. Più o meno 20mila voti. Caspita se servono ora che le elezioni regionali si avvicinano e con esse la pugna e la singolar tenzone…

RICORDATE LA DOTTORESSA MANZINI? ….ADDIO POOL ANTIMAFIA

Mentre i due Bruni vivono questa vita parallela destinata (per ora) a non incontrarsi, in Calabria accade anche altro. Si viene storditi e distratti da film e premi. Pane et circenses, anche se in Calabria spesso il pane manca. I giochi del circo, il divago che stordisce e che fa parlare una pubblicistica (che non considero giornalismo) lontana dai miei valori, invece non mancano.
Il film è quello di Wim Wenders, “Il Volo”, un corto di 8 minuti presentato dalla Giunta regionale con gioia e gaudio il 7 settembre, visto che parlerà di immigrazione, dell’accoglienza e dell’ospitalità del popolo calabrese (sulla quale moltissimo ci sarebbe da discutere, fuori dalle ipocrisie).
Il popolo calabrese – alle prese con disoccupazione, malasanità, malapolitica, ‘ndrangheta, ambiente devastato, scuola arretrata, sviluppo industriale inesistente, turismo affossato, caporalato, fondi Ue rubati, burocrazia devastante eccetera eccetera eccetera – non vede l’ora di assistere allo spettacolo.
Il film – ne sono certo: sarà indimenticabile e rappresenterà una pietra miliare nella filmografia cosmica - costerà circa 184 mila euro, con la Regione coproduttrice con 70mila euro. Questo film che ancora non esiste, vista la nullità galoppante del giornalismo, professione alla quale sempre più mi vergogno di appartenere, si è imposto sui media nazionali molto, ma molto più della vicenda Bruni. Calmi, c’è un motivo: Bruni per Wim Wenders non è fotogenico…Ha preferito Ben Gazzara.
I premi, invece, sono quelli che riguardano “nonno Agazio” (copyright indegnamente rubato alla Gazzetta del Sud). A lui, pensate, è andato – e lo dico rispettando al massimo la memoria della persona - il Premio “Vincenzo Restagno”, assegnato dal presidente del Circolo “Paleaghenea” Mario Maesano. “Significativa – si legge nel comunicato stampa, pubblicato forse come pietra miliare della storia calabrese sul sito della Regione il 24 ottobre 2009 - anche la motivazione. Ad Agazio Loiero in quanto gentiluomo della politica, esempio di concretezza, efficienza e risolutezza della pubblica amministrazione che ha saputo coniugare impegno e spirito di servizio. Artefice della crescita del Mezzogiorno degli ultimi anni, è stato promotore di eccellenti iniziative volte allo sviluppo della Calabria”.
Il presidente Loiero Agazio si è detto particolarmente emozionato perché “è il primo premio che ricevo”. C’è sempre una prima volta.
Io non ho parole. E non voglio averne. Commosso, mi asciugo le lacrime e vi racconto che mentre questo accade in Calabria, il sostituto procuratore antimafia della Dda di Catanzaro con delega per Vibo Valentia (ma guarda tu le coincidenze…), Marisa Manzini, dal 10 ottobre ha lasciato volontariamente l’incarico dopo 6 anni e ha chiesto (e ovviamente ottenuto con gioia di molti) di essere aggregata alla tranquilla Procura regionale di Catanzaro. Poteva restare al suo posto per altri 4 anni ma non ha voluto (e potuto…).
Manzini ha messo sotto scacco le cosche vibonesi (Mancuso, Lo Bianco, Bonavota, Fiarè, La Rosa, Anello e Soriano) conducendo storici processi ma tutto questo non le è bastato ad evitare una incredibile interrogazione parlamentare presentata il 1° ottobre 2008 dal senatore del Pdl Giuseppe Menardi da…Cuneo (si veda il mio post pubblicato il 23 novembre 2008).
Il politico coi baffi in pratica chiedeva di conoscere dal solito Alfano se la pm Manzini fosse collusa con la ‘ndrangheta. Una cosuccia da ridere tanto che chiedevo – me tapin tapinello – al ministro Alfano di rispondere subito al senatore e con lui all’Italia intera, perché delle due l’una: o Manzini è un valido magistrato antimafia o, se è collusa, va cacciata a calci nel sedere e magari processata, condannata e messa alla gogna.
Risposte del ministro all’Italia: zero. E così – nonostante un sollecito dossier di fuoco spedito da Manzini ad Alfano su questa polpetta cuneese avvelenata – la Manzini stessa, azzardo io, ha più o meno ragionato così: sapete che c’è? Annatevene tutti a quel paese, lascio la Dda e andate avanti voi a lottare contro i mulini a vento.
La solita Angela Napoli, dopo aver presentato un’interrogazione parlamentare su Manzini già il 25 giugno 2008 (http://www.angelanapoli.blogspot.com/) chiedendo ai ministri dell’Interno e della Giustizia il motivo dell’isolamento del magistrato, ne ha presentata un’altra il 14 ottobre 2009.
Questa volta la cosa è più grave perché oltre a chiedere conto dell’allontanamento di Manzini, la parlamentare chiede anche di sapere per quale motivo, dal 2007, nella provincia di Vibo Valentia devastata dalla potenza delle ‘ndrine, della malapolitica e dei grembiulini sporchi, sia stato di fatto smantellato un pool antimafia che poteva contare su alcune eccellenze investigative ed inquirenti: ad esempio, oltre ovviamente a Manzini, il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti (ora a Caserta), il suo vice Fabio Zampagliano e un generale dei Carabinieri.
Vale qui per Manzini il ragionamento che Napoli ha fatto a proposito del pm Bruni, allorchè denunciava che la sua estromissione dall’organico “peraltro già striminzito, della Dda di Catanzaro, è sicuramente un atto che svilisce la bontà del contrasto alla criminalità organizzata, ed appare, ad avviso dell’interrogante, un segnale di incoraggiamento al sistema di malaffare, corruzione e collusione che imperversa in Calabria”.
Ma del resto di cosa si deve preoccupare la Calabria? Sta o non sta per spiccare “Il Volo” con Wim Wenders? Sì, un volo a precipizio. Inarrestabile. Oltre il baratro.
roberto.galullo@ilsole24ore.com

lunedì 26 ottobre 2009

La risoluzione dell'APM sulla criminalità organizzata nel Mediterraneo e sulle Navi dei veleni

L’on. Angela Napoli (PDL) ha partecipato, quale delegata italiana, ai lavori dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo (APM) che si sono svolti ad Istanbul dal 23 al 25 ottobre 2009.
Nel corso dei lavori è stata approvata all’unanimità la risoluzione sulla criminalità organizzata nel Mediterraneo predisposta dall’On. Napoli nella sua qualità di relatrice dell’argomento.
La risoluzione nelle premesse ha ribadito che la lotta contro la criminalità organizzata è un elemento importante per il perseguimento della pace e della stabilità politica nel Mediterraneo, considerato che le organizzazioni criminali rappresentano una seria sfida per i Paesi del Mediterraneo ed una vera minaccia al commercio regionale e mondiale. La maggior parte dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo sono diventati aree di transito di persone e merci dirette verso l’Europa continentale. Il crimine organizzato ha ormai aumentato ogni tipo di attività illecita, dal traffico di droga e armi a quello di esseri umani, dalla prostituzione e pedofilia al traffico di sostanze tossiche, riciclaggio di denaro, opere d’arte trafugate, articoli contraffatti, pirateria moderna, crimine informatico.
Pertanto l’APM ha stabilito di invitare tutti i Parlamenti nazionali ad ospitare seminari/conferenze/gruppi di lavoro sulla criminalità organizzata, a livelli sia nazionale che regionale, per valutare le tendenze più recenti e le misure/rimedi esistenti nella lotta contro le attività criminali e per favorire lo scambio di esperienze laddove la criminalità è stata contrastata con successo.
Ed a tal proposito l’on. Napoli ha ribadito la bontà della legislazione antimafia italiana, nonché i recenti successi dell’attività di contrasto alla criminalità organizzata, conseguiti dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura del nostro Paese.
L’APM ha, altresì, stabilito di concentrare il lavoro futuro su un numero limitato di crimini di natura transfrontaliera in modo da accrescere la consapevolezza ed apportare soluzioni a tali specifiche questioni a livello regionale.
Nell’ambito di tale lavoro futuro l’APM ha accolto, all’unanimità, la proposta della relatrice on. Angela Napoli, di approfondire il grave problema delle imbarcazioni cariche di scorie che sarebbero state affondate in tutto il Mediterraneo ad opera della criminalità organizzata, problema che ha subito destato l’attenzione e l’interesse di tutte le delegazioni parlamentari presenti ai lavori dell’APM.

On. Angela NAPOLI
Componente Commissione Nazionale Antimafia

Roma, 26 ottobre 2009

mercoledì 21 ottobre 2009

La replica al testimone di Giustizia Grasso

Leggo dell’invito rivoltomi dal Testimone di Giustizia, Grasso e la di lui moglie Franzè, relativo allo smantellamento del pool investigativo e giudiziario antimafia a Vibo Valentia, e che ritiene il mio intervento tardivo. Pur comprendendo il grande disagio vissuto da Grasso, nello status di testimone di giustizia, ho il dovere di ricordare che forse sono stata l’unica parlamentare calabrese ad aver sempre denunziato la presenza della criminalità organizzata nella provincia di Vibo Valentia e la disattenzione che su tale presenza c’è stata da parte di alcune Istituzioni, al punto da prendermi anche alcune querele e minacce di ogni genere. Piuttosto non mi risulta che analoghe denunzie siano state fatte dai parlamentari di quel territorio. Tanto più voglio ricordare a Grasso di essere più volte precedentemente intervenuta , persino con una relazione approvata all’unanimità dalla precedente Commissione Parlamentare Antimafia, per cercare di sollevare e risolvere i punti di criticità che vessano i testimoni di giustizia; così come sono intervenuta per cercare di aiutare a garantire la protezione dovuta alla validissima dottoressa Marisa Manzini. Forse Grasso avrebbe dovuto rivolgere il suo invito a quei politici ed a quelle lobby che hanno preteso ed hanno ottenuto lo smantellamento da Vibo Valentia di tutti quei rappresentanti delle Istituzioni che avevano avviato un duro contrasto alla locale criminalità organizzata. Fermo restando che, pur continuando ad essere sinceramente riconoscente a coloro che negli anni passati hanno profuso il loro lavoro di contrasto al crimine in maniera esemplare, non mi sento di precludere la fiducia nei confronti di tutti i rappresentanti delle Istituzioni e delle Forze dell’ordine di Vibo che attualmente continuano nella loro attività, ben consapevoli di dover infrangere quella cappa di collusione, malaffare e corruzione, che avvolge quella città e l’intero suo territorio provinciale.

On. Angela Napoli
Componente Commissione Parlamentare Antimafia

Ginevra, 21 ottobre 200

venerdì 16 ottobre 2009

L'articolo de "il Giornale" sul capo di gabinetto del Governatore Loiero

E Loiero sceglie un indagato come braccio destro

La magistratura lo indaga e Agazio Loiero lo nomina capo di gabinetto. Il governatore della Calabria non ha perso tempo, e lo stesso giorno in cui la procura di Vibo Valentia invia un avviso di garanzia a Ottavio Bruni, ex presidente della provincia omonima, Loiero lo piazza sulla prestigiosa poltrona tralasciando il fatto che l’indagine riguarda l’alluvione di Vibo del luglio 2006 che sconquassò la città provocando tre morti. A Bruni si contesta l’inondazione colposa, il danneggiamento colposo e l’omissione di atti d’ufficio. I fatti addebitati a Bruni, secondo i pubblici ministeri calabresi, sarebbero stati il prodotto di «negligenza e imperizia» per non aver messo in sicurezza le reti infrastrutturali nei punti di criticità individuati dal Piano per l’assetto idrogeologico e per non aver designato il funzionario responsabile. Un connubio indissolubile, quello fra Loiero e il fedelissimo capo di gabinetto. Dopo aver terminato il suo incarico alla provincia, Bruni viene nominato sottosegretario alla presidenza della Regione Calabria, ma è costretto a dimettersi in seguito a un episodio inquietante. Sua figlia Francesca, infatti, seppur mai indagata finisce invischiata nella caccia che le forze dell’ordine hanno intensificato per catturare un superlatitante della ’ndrangheta: una mattina, infatti, la ragazza viene trovata in compagnia della primula calabrese, Francesco Fortuna, considerato dai carabinieri un affiliato alla cosca Bonavota di Sant’Onofrio. Nella villa dove il fuggitivo si era nascosto insieme alla figlia del politico, vengono rinvenuti un kalashnikov, un revolver calibro 357, una carabina Winchester, un fucile a pompa a canna corta, un fucile calibro 12 semiautomatico, un migliaio di munizioni e un lampeggiante in dotazione alla forze di polizia. Bruni, sotto pressione, è costretto a dare le dimissioni. Ma Loiero non molla e nel marzo scorso lo nomina presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale, lo stesso organo che, dopo la proroga dello stato d’emergenza per l’alluvione e per volontà dello stesso governatore, andrà a gestire parte dei finanziamenti. Così Bruni, per volontà di Loiero, gestirà i soldi per l'alluvione di Vibo nonostante sia indagato nella medesima inchiesta. «Ciò che potrebbe apparire condivisibile - osserva Angela Napoli, parlamentare Pdl, componente della Commissione antimafia - appare ora incredibile, visto che il neocapo di gabinetto è stato anche rinviato a giudizio con l’accusa di abuso d'ufficio per reati commessi durante il suo incarico di ex presidente dell’amministrazione provinciale». Ma c’è di più. Nel 2005 la giunta provinciale di Vibo dà il via libera per un viaggio a Toronto allo scopo di pubblicizzare il turismo del Vibonese. Alla trasferta partecipa un «consigliere giuridico», Patrizia Pasquin, ex presidente della sezione civile del tribunale di Vibo, arrestata poco tempo dopo e rinviata a giudizio. La Pasquin, secondo l’accusa, avrebbe messo in piedi una serie di falsi per ottenere un finanziamento pubblico per la costruzione di un villaggio turistico. Ma parte dei fondi - sempre secondo gli inquirenti - sarebbe finita nelle tasche della cosca Mancuso di Limbadi, una delle più potenti della Calabria, decimata dall’operazione antimafia «Dynasty». Bruni, da presidente, fece costituire l’ente parte civile proprio al processo Dynasty. Il suo assessore al Turismo, Giovanni Vecchio, prima delle dimissioni, era l’avvocato che difendeva Luigi, Pantaleone e Antonio Mancuso nello stesso procedimento.

mercoledì 14 ottobre 2009

Quali iniziative per il contrasto al crimine organizzato di Vibo Valentia?

Ai Ministri della Giustizia e dell’Interno

- Per sapere – Premesso che:

- la Città di Vibo Valentia ed il suo intero territorio provinciale vivono da anni sotto la cappa delle potenti cosche della ‘ndrangheta;

- grazie all’attività investigativa delle Forze dell’Ordine, nonché al proficuo lavoro del sostituto procuratore della DDA di Catanzaro, Marisa Manzini, sono stati inferti duri colpi alla principale cosca della ‘ndrangheta di quel territorio, i Mancuso di Limbadi (condannati nei giorni scorsi con sentenza della Cassazione) e alle cosche satelliti Lo Bianco di Vibo Valentia, Bonavota di Sant’Onofrio, Fiarè di San Gregorio, la Rosa di Tropea, Anello di Filadelfia e Soriano di Filandari;

- l’intenso e proficuo lavoro della dottoressa Manzini , ha anche incoraggiato civili cittadini di quella provincia a pesanti denunzie contro la ‘ndrangheta, ai quali si è resa indispensabile l’assegnazione dello status di testimone di giustizia;

- dal 10 ottobre u.s. la dottoressa Manzini è stata sottratta al suo incarico presso la DDA di Catanzaro ed è stata trasferita presso la Procura Ordinaria del capoluogo calabrese;

- purtroppo, questo trasferimento, è stato l’atto finale che ha portato, negli ultimi due anni, allo sfaldamento di un efficace ed efficiente pool antimafia;

- il tutto nel mentre sono ancora in corso importanti processi giudiziari, conseguenti ad eccezionali attività investigative, contro gli uomini delle citate cosche vibonesi;

- nel 2007 avevano lasciato il rispettivo incarico, a distanza di un mese l’uno dall’altro, il capo della Squadra Mobile di Vibo ed il suo Vice e successivamente anche un Ufficiale dei Carabinieri, tutti e tre protagonisti di importanti successi nel contrasto alla criminalità organizzata;

- ad oggi non è stato ancora designato il sostituto della dottoressa Manzini, con grave conseguenza per la proseguo dei processi contro la ‘ndrangheta:

- quali urgenti iniziative intendano assumere per i settori di competenza per garantire che venga proseguito l’importante ed efficace contrasto al locale crimine organizzato ed alle sue collusioni.

On. Angela NAPOLI

Roma, 14 ottobre 2009

sabato 10 ottobre 2009

L'intervista a il Politico.it

Il malcontento dei finiani: “Avanti così e noi potremmo andarcene”

Ottobre 9, 2009 di Redazione


Esclusiva il Politico.it. Sentite cosa ha da dire Angela Napoli, deputata Pdl proveniente da An, alla quinta legislatura e quindi non proprio politicamente di primo pelo. Sulla reazione del premier alla decisione della Consulta: «Le sentenze possono fare male ma vanno accettate. E le istituzioni si rispettano. In Parlamento - aggiunge - spesso chiamati dal Governo a pigiare solo un bottone, anche se lo stesso era avvenuto pure in precedenti legislature». Fu tra i parlamentari che si assentarono al momento del voto sul decreto economico: «Lo scudo fiscale? Risponde ad esigenze di bilancio reali, ma è ingiusto nei confronti di chi lavora e non escludo che venga sfruttato dalla criminalità. In questo partito - conclude - che non ha un progetto politico, non ritrovo più i miei valori, la mia identità. Vedremo quali scelte compiere». L’intervista è di Ginevra Baffigo.

di Ginevra BAFFIGO

Onorevole Napoli, partiamo dalla strettissima attualità: il Lodo Alfano. Cosa pensa che potrà accadere ora che la Suprema Corte si è pronunciata?
«Intanto io credo che si debba prendere atto della sentenza della Suprema Corte; è la Corte Costituzionale che ha deliberato il verdetto. A molti può non fare piacere, ma ribadisco che il pronunciamento deve essere accolto senza commenti, perché questi potrebbero ribaltarsi in maniera negativa. Ciascuno di noi può condividere o non condividere l’esito, ma ciò non significa che non occorra continuare a rispettare le istituzioni. E quando dico le istituzioni intendo che si cominci con il presidente della Repubblica. In quanto a quel che potrà accadere, penso che al momento debba proseguire l’attività dell’attuale governo e del Parlamento; e che, nell’ambito della prosecuzione dei lavori, il governo stesso debba incoraggiare il Parlamento tutto ad attuare le riforme nel più breve tempo possibile. Perché un dopo Berlusconi secondo me avrà senso solo se preceduto da adeguate riforme costituzionali. L’attività dovrà proseguire, senza iniziative che potrebbero presentarsi come rivendicative di qualcosa o di qualcuno, ma solo ed esclusivamente nell’interesse della comunità nazionale».
La sua posizione ricalca quelle assunte ieri dal presidente Fini, e segna una distanza dal premier.
«Fini per il ruolo che ha, ha assunto anche in questo caso un atteggiamento condivisibile. Io sono una semplice parlamentare, e proprio per questo mi sento assolutamente tranquilla nel dire che secondo me sono state assolutamente esasperate alcune dichiarazioni e che personalmente non le condivido nella maniera più assoluta. Così come ho detto prima, le sentenze possono far male, ma vanno accettate col massimo rispetto. E soprattutto, ribadisco, non oltraggiando le massime cariche dello Stato».
Intanto la bocciatura del lodo riapre importati processi. Qualora venisse giudicato colpevole in uno di questi procedimenti, a suo modo di vedere Berlusconi dovrebbe dimettersi?
«Questa è una decisione che dovrà prendere lo stesso presidente del Consiglio. Io lascerei tempo al tempo, senza presagire verdetti di alcun genere, perché significherebbe intervenire in quelle prerogative della Magistratura, alla quale si deve il massimo rispetto, congiunto alla fiducia. Pensare o intervenire adesso, presagendo future sentenze, mi sembrerebbe pari ad un intervento. Ed io sono rispettosa della Costituzione Italiana».
Come giudica comunque l’ipotesi di ritorno alle urne?
«Penso che non sia opportuno parlare di elezioni anticipate, potrebbero esserci tante altre soluzioni. Intanto perché credo che il cittadino italiano sia anche non preparato, ma soprattutto stanco di essere continuamente chiamato a votare. Tant’è che ad ogni elezione siamo costretti a registrare un aumento del “Partito del non voto”, lo definisco così. Proprio perché c’è questa diffusa stanchezza, da collegarsi poi alla sfiducia nei confronti del mondo politico. Un richiamo alle urne, in questo momento, potrebbe anche riportare ad una riconferma dell’attuale maggioranza, ma non mi sentirei di prospettare un risultato numerico come quello attuale. Allo stesso tempo, mi preoccupa l’ipotesi di anticipare le elezioni perchè in questo momento di grande difficoltà e confusione si creerebbe il consenso verso quei partiti che nascono dal basso, come per esempio quello di Grillo. E ciò non potrebbe che preoccupare. Ecco perché parlavo della necessità di attuare le riforme: perché andare al voto senza è un rischio enorme».
E dell’idea di un Governo di transizione presieduto magari da Gianfranco Fini, cosa pensa?
«Egoisticamente mi piacerebbe, perché riconosco nel presidente Fini una figura politica di alto profilo, una figura capace anche di mediare ed in questo momento servirebbe molto. Quindi potrei augurarlo, anche se forse non è ancora il momento».
Ma torniamo alla dialettica istituzionale. Cosa fareste di fronte ad una ulteriore forzatura di Berlusconi?
«Quella dei “finiani” non so, ma la mia posizione sarebbe di rottura. Perché le istituzioni vanno rispettate; si può non avere la stessa provenienza politica, si possono assumere posizioni diverse, ma le istituzioni vanno rispettate. Qualsiasi reazione vendicativa che possa poi scendere addirittura nel profano, non può essere accettata. Ritengo di dover ricordare a ciascuno di noi parlamentari, rappresentanti del governo, presidenti del Consiglio, che noi siamo eletti dal popolo. Il popolo ha la sua Carta costituzionale e questa va rispettata. Che si possa modificare non v’è dubbio, ma ci sono le sedi adeguate e bisogna evidenziare la volontà del cambiamento. Il dettato della Corte Costituzionale credo che sia rispettoso dell’essenza dei cittadini italiani e questo rispetto deve essere prioritario in chi ha compiti istituzionali, per altro elevati».
Non sembra esattamente la linea della Lega…
«Purtroppo è così. Però la Lega Nord riesce ad acquisire maggiore consenso perché è riuscita a preservare la propria identità, non fondendosi nel Pdl, ma coalizzandosi. In tal modo è più facile mantenere la presa tanto all’interno del Governo quanto in Parlamento e così riescono a portare a compimento quelle che sono le risoluzioni chieste dalla loro gente, del loro territorio. Cosa che poi si traduce in consenso: perché il movimento rimane l’unico a rappresentare le istanze della base. Tali pulsioni potranno essere più o meno condivisibili, ma di certo finiscono però col cozzare con quella che era l’identità di An. Perché se parliamo di mancato rispetto dell’unità nazionale, mancanza di rispetto di quelle che sono le istituzioni principali, non ci ritroviamo. Poi ci sono anche battaglie che condividiamo, mi riferisco ad esempio all’immigrazione, anche se poi loro esagerano: perché non trattano il problema dei rifugiati, delle badanti, e così via. Ci sono degli argomenti sui quali ci si potrebbe ritrovare, ma senza abbandonare quella che è la prospettiva dell’unità nazionale».
In questi mesi si è venuto a creare un dualismo interno alla maggioranza. Da un lato si è consolidato il predominio di Berlusconi e parallelamente si è sviluppato un sempre più frequente richiamo al rispetto delle istituzioni da parte di Gianfranco Fini. Come valuta la linea del presidente della Camera?
«Sono decisamente dalla parte di Fini. Non perché provengo dalle file di Alleanza Nazionale, ma perché credo che Fini abbia colto il malessere che si registra all’interno della maggioranza politica attuale. Dovuto soprattutto alla mancanza di rispetto che spesso l’attuale Governo ha avuto nei confronti del Parlamento. Pur recependo la necessità e l’urgenza di alcuni interventi governativi, sui quali non c’è che da esprimersi positivamente, è altrettanto vero che dall’inizio di questa legislatura sono state sottratte le prerogative del Parlamento. Certo, io provengo da legislature precedenti e devo lamentare analoghi comportamenti da parte dei precedenti governi. Il parlamentare spesso è stato chiamato, in particolare quello di maggioranza, semplicemente ad essere presente, a pigiare il bottone, senza essere coinvolto o, meglio, reso protagonista della decisione. Ad esempio, gli interventi emendativi ai vari decreti che sono stati presentati anche da parte dei componenti della maggioranza parlamentare, e che perciò in quanto tali non possono essere letti come ostruzionistici, e che al contrario sono chiaramente propositivi, non sono stati accolti. Così come finora non si è dato spazio all’iniziativa parlamentare. Sono giacenti numerosissime proposte parlamentari su argomenti sicuramente importanti, ma, allo stato attuale, nelle Commissioni non è nemmeno iniziato l’iter legis, proprio perché tanto le commissioni quanto l’Aula sono state impegnate dal supportare le iniziative governative».
A proposito di questo. Lei non era in aula al momento del voto sul decreto economico che ha introdotto le norme del cosiddetto scudo fiscale. Perché?
«La mia assenza è leggibile sotto tanti versi, proprio perché sono una tra le parlamentari più presenti, sia per le presenze fisiche sia per la mia attività. Open polis mi ha visto prima in una delle sue iniziative proprio per questo. Quindi è strano che io sia stata assente quel venerdì, in cui si votava un provvedimento sicuramente importante. Devo dire che l’assenza non è dovuta alla disapprovazione del contenuto del decreto legge, anche se questo, non nascondo, generava in me non poche perplessità, data anche la mia particolare attività in termini di lotta e contrasto alla criminalità organizzata. Però l’assenza è dovuta ad impegni inderogabili, non ho avuto la possibilità di partecipare al voto, ma ho comunque espresso favorevolmente il voto di fiducia».
Lo giudica quindi dannoso sotto il profilo della lotta al crimine?
«Andiamo con ordine. Partendo da una valutazione oggettiva considero di estrema importanza per l’aspetto economico della vita della nostra nazione che in questo momento di crisi rientrino i capitali, anche e soprattutto perché alla crisi si aggiungono, purtroppo, le numerosissime calamità naturali, per le quali servono finanziamenti. L’obiettivo della legge non può perciò che essere valutato positivamente. Se poi però lo si confronta con l’aliquota del 5%, che viene imposta attraverso lo scudo fiscale, sul rientro di questi beni illeciti, nel senso che sono stati trasferiti all’estero per chi sa quanti anni, pensare che un lavoratore italiano vede sottoposto il suo reddito ad un’aliquota sicuramente maggiore, crea non poche perplessità. Così come non nascondo, e vengo alla sua domanda, che dietro questo rientro ci possano essere dei capitali sicuramente illeciti, portati all’estero da parte della criminalità organizzata, ripuliti al di là del confine, per poi tornare così in Italia. Certe condizioni potrebbero far gola anche alle organizzazioni criminali e perciò le mie perplessità ci sono. Ma non sono queste che hanno determinato la mia assenza».
Ci conferma che si tratta di una sensibilità diffusa tra le fila dei parlamentari Pdl che si riconoscono in Fini?
«Senz’altro. Per quel che riguarda i “seguaci di Fini”, io non posso definirmi che così, ritengo però che debbano essere guardati non come coloro i quali seguono Fini con vago qualunquismo, o per una vecchia appartenenza. Lo seguono, o lo seguiamo, perchè è proprio nella logica di chi vuole ragionare. Io ho sempre avuto grande rispetto di Fini e credo che lo stesso in questo momento stia facendo benissimo il suo compito di presidente della Camera, anche alle volte dimostrando apparentemente di assecondare l’opposizione, ma di fatto non è così. E’ giusto che un presidente di una delle Camere sia al di sopra delle parti, che poi esprima il proprio pensiero su alcuni provvedimenti mi sembra lecito, e quindi non esecrabile per questo. Se poi quello che esprime non viene condiviso da alcuni… insomma siamo in democrazia!».
A suo modo di vedere il presidente della Camera proseguirà per questa strada anche a costo di rompere con il premier?
«Ma Fini ha un compito: è il presidente della Camera dei Deputati. Non può far prevalere la volontà del premier rispetto a quella del regolamento del Parlamento. Quando il presidente Fini ha fatto i suoi richiami sulle regole parlamentari, lo ha fatto appunto nel rispetto dell’istituzione del Parlamento, che non può che essere rispettata. Certo, la dialettica è giusta, ma è inimmaginabile pensare che tra i due confronti ci debba essere un vincitore ed un vinto. Credo che in questo momento Fini stia facendo bene il suo lavoro, Berlusconi piuttosto dovrebbe scendere un po’ più dal suo piedistallo e capire qual’è il ruolo del Parlamento, condividendo quelle che sono le prerogative delle Camere. Penso che se questo accadesse non si potrebbe parlare né di futuri scenari occulti né di vincitori o vinti, ma semplicemente di riconoscenza nei confronti di una delle più importanti istituzioni della nostra nazione».
Parliamo invece degli scenari occulti. Il grande centro come è visto da voi finiani?
«Questa è una cosa sulla quale bisognerebbe tanto meditare. Io sono convinta che l’Italia abbia necessità di consolidare il bipolarismo, ma non il bipartitismo. Allo stato attuale questo consolidamento rischia di non avvenire, perché da una parte e dall’altra si tende di più a ricercare il bipartitismo, che fa disperdere le identità. In questo modo con molta probabilità potrebbe nascere di nuovo il grande centro. E’ una questione di responsabilità dei grandi partiti, tanto nel centrodestra come nel centrosinistra. Se all’interno delle due grandi coalizioni si desse la possibilità di far emergere di più le rispettive identità, forse potremmo evitare questa rinascita del centro. Ma se così non fosse potrebbe essere nelle cose, anche se capisco che la nascita di un terzo polo rischierebbe di non metterci al passo con le altre nazioni europee. Bisognerebbe evitarlo, ma per fare ciò anzitutto vanno individuate le strategie. In questo momento, in tutta sincerità, non mi sembra che ci sia, anche dalla parte opposta, questa volontà. C’è la tendenza a creare due partiti, che presto diventano i partiti dei due presidenti, che ovviamente non lasciano spazio alla base. Ora come ora, quelli che sono i miei valori, la mia identità, non li ritrovo all’interno del Pdl, e questo mi crea agitazione. Un’agitazione tale da potermi portare a fare delle scelte in nome dei miei valori e di quelle che sono state le mie battaglie, che non mi sento di tradire. Sono delle scelte di fronte alle quali ci vorrà la massima oculatezza, ma che ognuno di noi farà. Sono alla quinta legislatura e pur capendo il momento, non posso tradire la mia identità».
Per concludere, sul piano invece dell’organizzazione, il Pdl è ancora così distante dalla struttura-partito che voi di An chiedete dall’inizio?
«Molto distante, e priva di democrazia. Di fatto non c’è un’organizzazione in questo momento. Ma era qualcosa da presupporsi. Io ero stata molto critica nella fase di costituzione, perché, anticipando il mio pensiero su quanto sarebbe poi accaduto, non condividevo la fusione attraverso quote. Un partito politico dovrebbe nascere improntato su valori, su progetti, ed è a questi che bisognerebbe aderire, non attraverso un meccanismo di quote. Perché poi si finisce automaticamente per creare correnti interne al partito stesso, che sono sempre destabilizzanti e non aiutano a realizzare quel progetto, che a mio aviso si rende indispensabile. Perché così com’è stato costituito il Pdl, in mancanza di progetto ma non di quote, è diventato un partito che semplicemente asseconda quelle che sono le volontà del governo, ma non è propulsivo per lo stesso. Mentre un partito dovrebbe essere propositivo e non dovrebbe ritrovarsi, come allo stato attuale, solo ad assecondare le volontà del suo leader, tra l’altro talvolta condivisibili, talvolta no. E io mi sento estranea in un partito in cui non riesco a cogliere il progetto politico».

Ginevra Baffigo

venerdì 9 ottobre 2009

Le poltrone di Ottavio Bruni garantite dal Governatore Loiero

Alla luce delle ultime notizie giudiziarie relative alla nuova inchiesta, avviata dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia, e relativa alle indagini dell’alluvione che ha colpito quel territorio il 3 luglio 2006, ritengo di dover rendere nota la allegata lettera che in data 31 luglio 2009 ho indirizzato all’on. Giulio Tremonti, Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Ricordo che, sempre in data odierna, il Governatore della Calabria, Agazio Loiero, ha nominato Gaetano Ottavio Bruni suo capo di gabinetto.







On. Giulio TREMONTI
Ministro dell’Economia e delle Finanze
Roma

Onorevole Ministro,

agli inizi del corrente mese di luglio, il Consiglio dei Ministri ha prorogato lo stato di emergenza nel territorio della provincia di Vibo Valentia colpito dagli eventi alluvionali del 3 luglio 2006, al fine di completare gli interventi di ripristino e favorire la ripresa delle attività produttive non agricole danneggiate.
Con ordinanza n. 3531 del 7 luglio 2006, il Consiglio dei Ministri ha nominato Commissario Delegato il Presidente della Regione Calabria, assegnandogli funzioni e compiti relativi agli interventi urgenti e alle iniziative necessarie al superamento dello stato emergenziale .
Il Commissario Delegato della Regione Calabria nel giugno del 2009 ha emesso l’ordinanza n. 97 con la quale sono stati stanziati sette milioni di euro in favore della provincia di Vibo Valentia ed un milione in favore del locale Consorzio per lo Sviluppo Industriale. Lo stanziamento è stato finalizzato all’esecuzione di lavori per la messa in sicurezza di buona parte del Comune di Vibo Valentia.
Inoltre, sono state ammesse al finanziamento 51 aziende colpite dall’alluvione del luglio 2006, con gli aiuti provenienti dalle misure previste nell’Accordo di Programma Quadro “Emergenza Vibo”. Per le Aziende non sono stati previsti gli investimenti in opera muraria, che verranno realizzati direttamente dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Vibo Valentia, per un valore di investimenti pari a circa 6,4 milioni di euro.
Tutto potrebbe apparire lecito e condivisibile se non si prendesse in considerazione che il Presidente del Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Vibo Valentia, dal marzo 2009 (guarda caso!) e per volontà del Commissario Delegato, è Ottavio Bruni, rinviato a giudizio, con l’accusa di abuso di ufficio durante il suo incarico di ex Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia.
Il signor Ottavio Bruni, dopo aver ultimato l’incarico di Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia, è stato designato dal Governatore Loiero a cd. Sottosegretario regionale, pur in mancanza dei requisiti previsti dall’articolo 7, comma 6, del D.Lvo. n. 165/2001, richiamato nello stesso decreto di nomina.
Da tale incarico il Bruni è stato costretto a dare le dimissioni per uno scandalo che lo ha colpito nel mese di luglio dello scorso anno 2008. La di lui figlia Francesca è stata sorpresa, in una villa della città di Vibo Valentia, con il latitante Francesco Fortuna, ritenuto un elemento di spicco del clan mafioso Bonavota di Sant’Onofrio (V.V.). Nel luogo della cattura gli inquirenti hanno trovato, tra l’altro, un vero e proprio arsenale di armi, pronto per essere utilizzato.
Come sopra ricordato, nel marzo 2009, per palese volontà del Governatore Loiero, così come riportato ampiamente dalla stampa locale, Ottavio Bruni è stato designato a Presidente del Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Vibo Valentia.
Occorre, altresì, ricordare che le cosche della ‘ndrangheta vibonese hanno sempre evidenziato grandi interessi per i flussi finanziari legati allo sviluppo di quel territorio, ed anche il clan Bonavota ( al quale appartiene il Francesco Fortuna), come si evince dall’inchiesta “Uova del drago”, ha evidenziato “appetiti” sulla nuova area industriale.
Per quanto sopra, credo sia necessario un’ adeguato intervento per far si che i soldi pubblici finanziati per il ripristino e la ripresa delle attività produttive danneggiate dall’alluvione del 3 luglio 2006, non continuino ad essere gestiti da chi ha alle spalle situazioni giudiziarie e di collusione quali quelle descritte.
Fidando nella Sua opportuna attenzione, invio cordiali saluti.

On. Angela Napoli


Roma, 31 luglio 2009

lunedì 5 ottobre 2009

L'incontro di Risveglio Ideale ad Amantea

Il 4 ottobre 2009 si è tenuto, presso l’Hotel “La Tonnara” di Amantea, un incontro di iscritti e simpatizzanti dell’Associazione politico-culturale “Risveglio Ideale”, presieduta dall’on. Angela Napoli, per trattare la situazione drammatica sul piano socio-economico in cui si dibatte la Calabria e l’assenza di una politica regionale capace di dare risposte esaustive alle tante problematiche esistenti sul territorio.
Al tavolo della Presidenza anche il prof. Michele Sapia e il consigliere comunale del PDL di Cosenza, avv. Fabrizio Falvo.
Introducendo i lavori l’on. Napoli ha inteso subito polemizzare con il Governo regionale, che non ha ancora messo in atto un’adeguata politica sanitaria ed anche con il Governo nazionale che, nonostante le numerose sollecitazioni, non ha ancora proceduto al commissariamento della sanità in Calabria, pur in presenza di gravi episodi di malasanità ed essendo stata evidenziata una enorme voragine di debiti che si assommano a quelli già accumulati dalle precedenti Giunte regionali.
L’on. Napoli ha poi illustrato, tra l’altro, la situazione disastrosa dell’ambiente in cui vive la Calabria: Crotone è in ginocchio a causa della notevole quantità di materiale tossico utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e privati con la compiacenza delle Amministrazioni e su questa problematica la Napoli ha ricordato di aver inviato, lo scorso anno, un adeguato dossier al Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Berlusconi, chiedendo provvedimenti urgenti di bonifica; ha, altresì, evidenziato il problema dell’affondamento delle navi dei veleni, che, oltre alla preoccupante situazione sanitaria, sta mettendo a dura prova la vita quotidiana di tanti lavoratori del settore della pesca e del comparto turismo.
L’on. Napoli ha criticato il Coordinatore regionale del PDL, Giuseppe Scopelliti, per la formazione del nuovo coordinamento regionale, dove, accanto a componenti di indubbia moralità, sono stati inseriti personaggi che poco hanno da dire sulla questione etica e morale. Ha, ancora, lamentato di non essere stata mai interpellata sulla composizione del coordinamento in questione, pur essendo una parlamentare di pluriennale esperienza politica.
Per l’on. Napoli il Governo nazionale, di concerto con le rappresentanze regionali, dovrebbe promuovere un’azione di controllo sull’andamento dei lavori infrastrutturali, Autostrada SA-RC e S.S. 106, finanziare l’elettrificazione e il raddoppio della linea ferroviaria ionica, l’alta velocità sulla linea tirrenica.Avviare con urgenza le procedure di bonifica del territorio crotonese. Creare una task-force per predisporre un piano di interventi necessari alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Aiutare con tassazioni agevolate il mondo del commercio, dell’artigianato, delle piccole e medie industrie, vera forza trainante dell’economia calabrese. Sollecitare le Banche ad aiutare le aziende in crisi con la concessione di mutui con tassi d’interesse non esosi rispetto a quelli praticati al Nord.
L’on. Napoli ha, infine, chiesto ad iscritti e simpatizzanti di Risveglio Ideale, un contributo di idee e di progetti per il proseguo dell’attività, anche per il sicuro impegno nei prossimi appuntamenti elettorali.
Numerosi gli interventi durante la fase del dibattito, nel corso dei quali non sono mancati gli inviti all’on. Napoli a scendere in campo nelle prossime elezioni regionali, come candidata alla Presidenza, in quanto punto di riferimento per tanta gente anche di ideologia politica opposta, che chiede un rinnovamento della classe politica e dirigenziale, non solo in senso anagrafico, ma principalmente in ottemperanza alla logica della meritocrazia e del rispetto della legalità, della trasparenza, dell’etica e della moralità.
Non va sottaciuta la problematica che durante il dibattito è emersa relativamente ai tagli operati nel mondo della scuola calabrese, che hanno convertito in disoccupati numerosi precari, dopo tanti anni di occupazione. Così come è stato ricordato l’elevato numero di precari del settore pubblico regionale, che pone automaticamente in condizioni di sudditanza e favorisce la posizione elettorale “poltronistica” di tanti politici mediocri ed arroganti.
A breve termine verrà costituita la struttura e l’intera organizzazione dell’Associazione “Risveglio Ideale” sul territorio calabrese.

Ufficio Stampa Associazione “Risveglio Ideale”

giovedì 1 ottobre 2009

L'interpellanza sulla situazione ambientale nella città di Crotone

La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, della Giustizia, dell’Interno, e del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
– Per sapere – Premesso che:

- l’interpellante con atto 2-00152 del 1° ottobre 2008 (esattamente un anno fa) ha inteso richiedere l’attenzione del Governo sulla gravità della situazione ambientale nella Città di Crotone e nel territorio limitrofo;
- l’interpellante, però, a quell’atto ispettivo presentato un anno fa, non ha avuto alcun riscontro;
- in data 7 ottobre 2008 l’interpellante ha, altresì, inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri, un dossier sul “Caso Crotone”, pregandolo di porre personalmente adeguata attenzione alla problematica esposta;
- l’allarme sul “Caso Crotone” era scattato in seguito alla scoperta, da parte della Procura di Crotone, dell’utilizzo di 350 mila tonnellate di scorie pericolose per la realizzazione, tra l’altro, dei piazzali di tre scuole pubbliche della Città, i parcheggi di attività commerciali, la pavimentazione di una delle banchine del porto e il piazzale su cui sorge la Questura;
- i materiali pericolosi risulterebbero provenienti dall’industria “Pertusola Sud” di Crotone (chiusa alla fine degli anni ’90 e di proprietà dell’ENI), che anziché farli smaltire in discariche specializzate, li avrebbe ceduti ad imprese di costruzioni e da queste sarebbero stati usati per vari lavori edili;
- sembra, altresì, che i materiali in questione siano costituiti da altre scorie provenienti anche dall’Ilva di Taranto;
- le scorie utilizzate per i vari lavori sono risultate costituite da miscela di metalli altamente cancerogeni;
- dalle indagini è emerso che le società alle quali venivano cedute le scorie pericolose erano la “ Crotoncsavi Srl” e la “Ciampà Paolo”, le quali utilizzavano l’approvvigionamento per la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali;
- negli anni scorsi alcuni appalti concessi al gruppo “Ciampà” hanno portato all’accesso antimafia al Comune e alla Provincia di Crotone;
- le indagini della Procura di Crotone sono iniziate nel lontano 1999 e sono sfociate, lo scorso anno, e solo dopo il pensionamento di Franco Tricoli, già capo di quella Procura, nell’operazione “Black Mountain”;
- nei giorni scorsi l’inchiesta giudiziaria “Black Mountain”, grazie all’impegno del sostituto Procuratore Pierpaolo Bruni, titolare dell’inchiesta e del Procuratore Raffaele Mazzotta, si è conclusa con 47 avvisi di garanzia nei confronti di politici, amministratori locali, imprenditori, manager e tecnici, con le accuse di concorso nella realizzazione di discariche non autorizzate di rifiuti pericolosi provenienti dagli impianti dismessi della ex Pertusola, per disastro ambientale e avvelenamento delle acque;
- appare davvero gravissimo quanto emerge dall’inchiesta, giacché non solo il conglomerato idraulico catalizzato veniva usato come materiale edile, ma veniva anche depositato, in polvere, sul nudo terreno, senza un preventivo sistema di protezione contro la percolazione, per la tutela delle acque di falda e di quelle marine;
- sempre dalla stessa inchiesta, da adeguati incarichi di consulenza affidati dalla Procura di Crotone e dagli esami di tipo biologico, fatto su un campione di 290 alunni di scuole crotonesi, è emersa la presenza nei loro organismi di cadmio, arsenico, nichel e piombo in misura di 3 – 4 volte superiore ai valori normali, con il rischio, nel tempo, di patologie epatiche, renali, gastrointestinali e delle ossa;
- ed ancora, risultano sospette le morti di alcuni uomini della Polizia di Stato, che sarebbero stati colpiti da tumori fulminanti;
- addirittura, sembrerebbe che il conglomerato idraulico catalizzato sarebbe stato usato anche per la costruzione di edifici civili;
- l’inchiesta in questione ha anche ipotizzato che gli scarti tossici della Pertusola siano finiti anche nel mare crotonese;
- di fatto, dopo oltre dieci anni d’indagini, nonostante si sia parlato di progetti di disinquinamento dell’ex Pertusola Sud di Crotone, la bonifica non è ancora iniziata;
- considerato il giro di affari della ‘ndrangheta legato al traffico, smaltimento illecito e reimpiego di rifiuti tossici, appare prevedibile la presenza della criminalità organizzata anche nel giro degli scarti tossici dell’ex Pertusola:

- quali siano gli interventi che il Governo intende predisporre per dare attuazione urgente al disinquinamento dell’ex Pertusola Sud di Crotone;
- quali gli interventi per il controllo e la verifica della situazione ambientale della Città di Crotone e del limitrofo territorio provinciale;
- quanti finanziamenti sono stati stanziati, elargiti e spesi negli anni passati per il mai avvenuto risanamento ambientale dell’area industriale ex Pertusola Sud;
- quali i motivi che hanno impedito alle precedenti società aggiudicatarie dei progetti di bonifica dell’ex Pertusola , di avviare e portare gli stessi a compimento;
- quali siano stati gli interventi ed i controlli sulla problematica crotonese, fatti dall’Ufficio del Commissario per l’emergenza in Calabria, in carica da oltre undici anni;
- se sia stato erogato e come sia stato speso il finanziamento, previsto nel 2002-2003, per la bonifica e il ripristino ambientale del sito della Pertusola di Crotone, a norma della legge n. 468/2001, con decreto ministeriale 26 novembre 2002;
- se, alla luce delle potenzialità delle cosche della ‘ndrangheta crotonese, emergano gli interessi delle stesse anche nella gestione delle scorie pericolose in questione;
- se sono stati attenzionati i vagoni merci sigillati e da anni giacenti presso la stazione ferroviaria di Crotone;
- se non ritengano di assumere iniziative normative dirette a rivisitare le norme del codice penale e ad aggravare le pene per i reati di carattere ambientale.

On. Angela NAPOLI

Roma, 1 ottobre 2009