venerdì 18 luglio 2014

….. a parlare della Processione di Oppido, di quella di San Procopio e di don Nuccio Cannizzaro .....



….. a parlare della Processione di Oppido, di quella di San Procopio e di don Nuccio Cannizzaro .....
con – tra gli altri –
 DEMETRIO COSENTINO (Presidente del Cids), FRANCESCO SORGIOVANNI (Giornalista de Il Quotidiano del Sud), ROCCO COSENTINO (Magistrato), GERARDO DOMINIJANNI (Magistrato), PIETRO MELIA (Giornalista)

link video puntata del 18 luglio 2014 della trasmissione “lineaperta”


giovedì 17 luglio 2014

L’attacco di Sansonetti a Cafiero De Raho: opportunismo garantito? Angela Napoli: “Così si rischia di isolare i magistrati”

napoliregolo
http://lorasiamonoi.wordpress.com/2014/07/17/lattacco-di-sansonetti-a-cafiero-de-raho-opportunismo-garantito-angela-napoli-cosi-si-rischia-di-isolare-i-magistrati/

Debbo confessare che non leggo e non ho mai aperto dalla sua fondazione il nuovo quotidiano di Sansonetti. Oggi, però, sollecitato dai colleghi e amici di Cosenza che stanno collaborando con me al progetto del nostro giornale, ho visto, inviatomi per e-mail, l’editoriale odierno del direttore de “Il Garantista”: un attacco duro al procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Cafiero De Raho. Che cosa avrebbe fatto il magistrato per meritarsi l’invettiva (copiosa) di Sansonetti? Ha semplicemente dichiarato, riguardo alla vicenda della processione con l’inchino al boss di Oppido Mamertina, che esistono giornalisti coraggiosi i quali denunciano episodi del genere, e altri che invece coprono la verità e che bisogna decidere da che parte stare.
Tanto basta al direttore romano, andato via dalla Calabria scrivendo di esserne rimasto profondamente deluso, per poi tornare a stringervi intese editoriali dopo pochi mesi, per dedurne che Cafiero De Raho avesse voluto attaccare lui o il suo giornale. Troppo astuto lo scrivente perché si pensi a un’excusatio non petita (visto che il magistrato non nomina alcuna testata). Molto più verosimile l’ipotesi che Sansonetti cerchi di fare pubblicità al suo prodotto giocando il ruolo della voce controcorrente, l’intellettuale fuori le riga “de noantri”, come si direbbe nel suo (a)dorato e salottiero contesto capitolino. Ognuno, sia chiaro, può fare il “gioco” che vuole e soprattutto professare ogni opinione. Ma la libertà di pensiero non può esimere dal rispetto verso chi effettivamente conduce, con rischi pesanti e impegno costante, una durissima lotta contro la criminalità organizzata e le sue oscure aderenze nei poteri costituiti della Calabria. Screditare, Cafiero De Raho, ipotizzare che voglia una stampa prona a lui, come avviene in regimi dittatoriali, oltre che grottesco è a mio avviso estremamente pericoloso.
Io ho visto soltanto una volta il procuratore, lo incontrai per pochi minuti nel tribunale di Reggio, quando fui ascoltato dalla Commissione Antimafia dopo l’oscuramento del sito e la sospensione delle pubblicazioni dell’Ora della Calabria. Ma ho imparato ad apprezzarne il rigore e il piglio, quando, poco dopo il mio arrivo, in un intervento sul nostro giornale a proposito del commissariamento dei Comuni sciolti per mafia spiegò che sarebbe necessario prolungarlo non soltanto durante le elezioni ma anche per un certo periodo successivo all’insediamento della nuova amministrazione perché solo così si potrebbe veramente spezzare l’influenza delle cosche. Poi ne ho ascoltato la relazione in occasione della “Gerbera Gialla” in cui illustrò in termini molto chiari in quanti e quali modi si estendano i tentacoli della n’drangheta sul territorio calabrese, spesso favoriti da lobby oscure e infedeli di Stato. Non mi sembra affatto uno che fa crociate, che vuole schiaramenti o che cerca ribalta mediatica, come lascia intendere Sansonetti. Il direttore de “Il Garantista” aggiunge che Cafiero De Raho sarebbe contro la Chiesa ma è un assurdo, perché le esternazioni di papa Francesco e del presidente della Conferenza episcopale calabrese (oggi riunita per parlare proprio di quello che l’Osservatore Romano dopo il caso di Oppido Mamertina ha definito “pervertimento religioso”), monsignor Salvatore Nunnari, vanno nella medesima direzione del magistrato. Bergoglio ha detto con estrema chiarezza a Scalfari che ci sono tanti sacerdoti che sottovalutano l’influenza della mafia e non si levano abbastanza e tutti lo abbiamo letto e sentito.
Ma la superficialità è diffusa, a volte è ingenua, altre no. Può nascere da interessi precisi o dalla semplice vanagloria, oppure essere conseguenza della paura delle ritorsioni. Io credo che correttamente Cafiero De Raho abbia voluto semplicemente richiamare l’intera comunità calabrese, giornalisti e non, a non sottovalutare i mezzi (come le incursioni in pratiche religiose di lunga tradizione) con cui la n’drangheta tende a legittimare la propria supremazia territoriale. Sottovalutare questo aspetto come ha scritto il procuratore significa sul serio favorirne l’azione, consapevolmente o meno. Io l’ho sostenuto più volte, ma non sono nella squadra dei magistrati come sostiene, non senza alterigia, Sansonetti. Né credo lo siano Pollichieni, Musolino, Inserra, tanti altri giornalisti calabresi che sono intervenuti sulla questione di Oppido Mamertina stigmatizzando quell’inaccettabile inchino. Fra questi anche il vicesegretario nazionale e segretario regionale della Federazione nazionale della Stampa, Carlo Parisi, che ha di recente, dopo i sospetti insorti anche sulla processione di San Procopio, ricordato con veemenza quanto siano assurdi gli attacchi ai colleghi che rivelano queste realtà scomode, miranti a farli passare come dei denigratori della Calabria o degli smaniosi di protagonismo. Anche il sindacato dei giornalisti, secondo Sansonetti, scrive sotto… dittatura della magistratura? Perché il direttore è convinto che solo lui sia immune da questa influenza, così com’era convinto quando lasciò l’Ora della Calabria di essere diventato immune dall’influenze delle famiglie potenti della nostra regione e lo annunciò nell’editoriale di congedo, sparando accuse contro il suo ex editore e amico conviviale, Piero Citrigno, che poi invece è andato a salutare prima di lanciare la sua nuova creatura “Il Garantista”.
L’essere concentrati troppo su stessi, sulle proprie idee o sui propri business, a volte distrae da problemi molto seri in una regione come la Calabria. Mentre spiegavo alla Commissione Antimafia dei rapporti insoliti, non rientranti nelle consuete dinamiche delle aziende editoriali, tra Citrigno e De Rose, il nostro stampatore protagonista della telefonata del cinghiale, l’onorevole Dorina Bianchi mi domandò come mai il mio predecessore (Sansonetti, ndr) in tre anni di direzione non avesse ravvisato nulla d’insolito. Risposi che dovevano domandarlo a lui, perché non lo sapevo. Non so se gliel’abbiano mai domandato. Ma so che l’onorevole Bruno Bossio, grande estimatrice di Sansonetti, presentatasi all’audizione nonostante i duri attacchi che mi aveva rivolto (su Facebook e in una lettera inviatami al giornale, in cui cercava di farmi passare come uno che voleva ottenere da lei documenti giudiziari secretati), cercava per tutto il tempo di minimizzare la vicenda che riguarda noi dell’Ora, sostenendo che la sospensione delle pubblicazione fosse unicamente dovuta all’indisponibilità finanziaria dell’editore e non aveva alcuna relazione con il caso Gentile-De Rose. Questo nonostante ci fosse stato oscurato anche il sito, proprio il giorno in cui in un editoriale denunciavo la manovra di far finire la proprietà del giornale nelle mani di De Rose. Per la cronaca il legale di Bilotta, il nostro liquidatore, è quello stesso avvocato Celestino, che difese Adamo, il marito della Bruno Bossio nell’inchiesta “Why not”, e assiste anche i Citrigno: io lo conobbi nel suo studio, accompagnato lì da Alfredo Citrigno, pochi giorni dopo l’Oragate, quando lo stampatore che non aveva mai sollecitato i suoi pagamenti non riscossi, improvvisamente con una lettera che noi pubblicammo chiedeva tutto subito o avrebbe fatto fallire l’azienda.
Forse la drammaticità di quanto i colleghi dell’Ora e io abbiamo vissuto e stiamo vivendo, potrebbe rendermi troppo emotivamente coinvolto.
Per questo, riguardo all’attacco sferrato da Sansonetti contro De Raho, ho pensato di chiedere un parere ad Angela Napoli, ex presidente della Commissione Antimafia e tuttora impegnata in prima linea contro le influenze delle n’urine Ecco la sua valutazione: «Alcuni giorni fa evidenziavo sulla mia pagina Facebook lo stato di preoccupazione che sto vivendo alla luce sia di alcune sentenze giudiziarie sia di alcune cronache giornalistiche, a mio parere, eccessivamente garantiste e, sempre a mio parere, non utili a debellare il fenomeno mafioso ed i suoi collaterali. Oggi sono più che mai convinta che la preoccupazione ha ragione di permanere, ritenendo che sia in atto una “strategia” tendente ad isolare quei pezzi della Magistratura, delle Forze dell’Ordine, delle Istituzioni e della politica che realmente lavorano con coraggio non solo per reprimere la ‘ndrangheta ma anche per aiutare a sradicare quella sub-cultura mafiosa che per anni ha invaso alcuni cittadini calabresi.Ho parlato di “strategia” di isolamento: l’attacco al dottor Gratteri, apparso la scorsa settimana su “Il Garantista” e quello odierno al Procuratore Cafiero De Raho, sempre sullo stesso quotidiano, e che recano la firma del suo direttore responsabile, non possono che apparire, almeno ai miei occhi, ma sicuramente anche a quelli del comune lettore, proprio come tendenti a raggiungere l’obiettivo dell’isolamento. Sono convinta che tale obiettivo non verrà conseguito perché con piacere incomincio a registrare una voglia di riscatto nel cittadino calabrese. Questa voglia non potrà che portare alla rivolta nei confronti di tutti coloro che, dopo aver affossato, in supporto alla ‘ndrangheta, la nostra Calabria, oggi tentano ancora di mantenere a galla il “sistema malato” che sovrasta questa Regione. Ormai la stragrande maggioranza dei cittadini calabresi e’ in grado ed ha la volontà di saper distinguere il “bene” dal “male” e di saper anche quale “autobus” prendere per percorrere la strada della piena legalità».

venerdì 11 luglio 2014

Ci vuole la rivoluzione delle "coscienze", nessuno di noi deve più fingere di "non sapere" e di "non conoscere"

                                                                      
 


                            
COMUNICATO STAMPA 
SU PROCESSIONE OPPIDO

In Calabria avevamo appena finito di gioire per il tanto atteso anatema lanciato da Papa Francesco durante la sua visita pastorale a Cassano ed eravamo, altresì, convinti che le parole del Santo Padre sarebbero servite anche da ripensamento a don Meme' Ascone e a don Nuccio Cannizzaro, nonché a quella parte della Chiesa calabrese, a volte troppo portata a tentare di redimere i cuori dei mafiosi, ma, purtroppo, siamo stati costretti ad assistere all'ultimo "ossequio" che i portatori della Vara con la statua della Madonna delle Grazie di Oppido Mamertina hanno inteso riservare al boss Peppe Mazzagatti e, quindi, alla 'ndrangheta tutta.
Sento il dovere di ringraziare il maresciallo Andrea Marino, comandante della Stazione dei Carabinieri di Oppido Mamertina, per il comportamento assunto nell'immediato, a dimostrazione di come si possa attuare con i fatti, e non con le parole, il reale contrasto ai criminali.
Ho insegnato ed ho anche diretto un Istituto Scolastico nella cittadina di Oppido ed ho avuto quindi modo di prendere atto, con grande rispetto, della fede cattolica di coloro che vivono in quella comunità, ma non posso sicuramente condividere la commistione che alcuni fedeli finiscono con l'avere tra fede e 'ndrangheta.
Va dato atto a Monsignor Francesco Milito, Vescovo della Diocesi Oppido-Palmi, per aver avviato la riflessione sullo svolgimento delle processioni che si svolgono sul territorio della Diocesi, e per aver momentaneamente sospeso le stesse. Ed essendo convinta che il rito delle processioni, purtroppo, in molte altre realtà  della nostra Calabria tende a vedere la commistione tra fede e 'ndrangheta, tenendo conto anche del fatto che i riti di affiliazione interni a questa associazione mafiosa si servono di effigi sacre facendo apparire la finta fede religiosa dei criminali, mi augurerei che gli altri Vescovi calabresi uniscano analoga riflessione a quella assunta da Monsignor Milito. Così come mi augurerei che la Chiesa rifiutasse qualsiasi tipo di supporto economico elargito dai criminali o dalle loro famiglie.
Anche la Presidente della Commissione  parlamentare antimafia, on. Rosy Bindi, ha da subito attenzionato l'increscioso episodio ed ha invocato l'adozione per la Calabria di un piano straordinario che possa davvero mettere "in ginocchio la 'ndrangheta".
Ritengo, però, che non si possa contemporaneamente sottacere su comportamenti collusivi di alcuni politici che finiscono con l'incoraggiare  la sfida che la 'ndrangheta tenta di attuare anche nei confronti della Chiesa. Mi riferisco, ad esempio, a quanto è accaduto a MELITO Porto Salvo, durante la campagna elettorale per il rinnovo delle locali elezioni amministrative nel 2012, quando i candidati di una lista elettorale hanno portato in processione la Madonna di Porto Salvo, pur già consapevoli di aver l'appoggio elettorale del locale clan, tanto che eletti a capo della locale amministrazione dopo qualche mese sono stati arrestati, sindaco compreso, nell'operazione "ADA", con la pesante accusa di associazione mafiosa proprio perché eletti con i voti del clan IAMONTE.
Adesso i c.d. "garantisti", pur di evidenziarsi come tali, hanno iniziato con il "dagli all'untore..", credendo così di annientare la 'ndrangheta, e contemporaneamente di continuare ad aggraziarsi tutti coloro che con la stessa sono collusi.
Personalmente sono molto stanca, preoccupata ed amareggiata nel dover assistere a notizie così brutte che fanno rimbalzare solo in negativo la nostra Calabria su tutte le cronache nazionali, e sono sempre più convinta che non si possa continuare a delegare ad altri l'individuazione della "medicina" utile ad abbattere questo "cancro".
Ci vuole la rivoluzione delle "coscienze", nessuno di noi deve più fingere di "non sapere" e di "non conoscere". Anche i fedeli che partecipano alle processioni, essendo per lo più dei luoghi dove le stesse si svolgono, dovrebbero assumere atteggiamenti di repulsione e non di compiacimento, allorquando accadono episodi come l'ultimo di Oppido.
Va assunta la consapevolezza dell’ asfissiante presenza della 'ndrangheta nelle nostre comunità, occorre bandire ogni forma di "ossequio" verso i criminali e mettere da parte qualsiasi remora nel contrasto dovuto a tali malavitosi. Se cattolici credenti dobbiamo saper fare buon uso dell'aiuto datoci da Papa Francesco, e riuscire a non consentire più che gli uomini della 'ndrangheta  possano continuare a mescolare il sacro con il profano, e tutti noi diventare consapevoli del fatto che l'uomo 'ndranghetista lo è per tutta la vita ed in quanto tale nessuno potrà mai assolverlo.
                                                 Angela Napoli
                           Consulente Commissione Parlamentare Antimafia
                           Presidente Associazione “Risveglio Ideale”

Taurianova, 11 luglio 2014