mercoledì 25 novembre 2009

L'articolo di FareFuturo Web Magazine sui beni mafiosi all'asta

Angela Napoli avverte sul "rischio prestanome". Si vanificherebbero i risultati

I beni dei mafiosi all'asta:
attenti ai tentacoli della piovra...


di Federico Brusadelli

Per “fare cassa” si rischia di perdere un patrimonio molto più importante. Quello della credibilità nella lotta alla mafia. L’avvertimento lo lancia oggi, intervistata dal Secolo d’Italia, Angela Napoli, parlamentare del Popolo della libertà, membro della Commissione antimafia e da sei anni sotto scorta (tanto per dimostrare che, nella guerra alla criminalità organizzata, dice e fa cose “importanti”). Ecco la proposta in questione: mettere all’asta i beni confiscati ai mafiosi. Facile pensare che, come funghi, spunterebbero i prestanome, e i beni tornerebbero nelle mani di Cosa Nostra. Negare la possibilità che ciò accada, dice la deputata, sarebbe «una pia illusione». E, oltretutto, quale privato si comprerebbe, tanto per fare un esempio, la casa di Totò Riina? Non sarebbe un buon affare, in fin dei conti…

Per questo, Angela Napoli ha avanzato la proposta della cancellazione dell’emendamento in Commissione Giustizia. Ma i suoi colleghi l’hanno bocciata. E lei adesso ci riprova, in Commissione Bilancio. Anche perché, al di là del lato “pratico” della questione, c’è un importante aspetto simbolico (tutt’altro che secondario, in uno scontro che anche di simboli si nutre). «Se la villa del mafioso diventasse una caserma, sarebbe un messaggio potentissimo, e rappresenterebbe un monito. È come dire: qui lo Stato ha vinto, qui comanda lo Stato». Sarebbe un segno visibile e concreto dell’avanzata, anche “fisica”, delle istituzioni in un conflitto che, fondamentalmente, si gioca proprio sul controllo del territorio.

Un’idea che lascia quantomeno perplessi, insomma. E dispiace che tale allarme sia rispedito al mittente, quasi con sufficienza. A maggior ragione perché – come ci tiene a sottolineare Napoli – «il governo Berlusconi sta facendo cose importanti nella lotta alla mafia». E il valore e la quantità dei beni confiscati sono aumentati negli ultimi anni: il ministro Maroni ha parlato di immobili sequestrati per più di cinque miliardi di euro.

Proprio il titolare del Viminale ha voluto tranquillizzare quanti sollevano questi timori. A vigilare sulla regolarità delle aste, e a certificare la distanza dei compratori dal mondo della criminalità organizzata, sarebbero i prefetti. Ma non basta a rassicurare l’onorevole Napoli, che ribatte: «Senza nulla togliere alla serietà dell’organismo di controllo, si tratta di paletti facilmente aggirabili: basta «un prestanome incensurato ad assicurarsi l’asta» E se a questo si aggiunge che «una delle attività preferite per il riciclaggio del denaro sporco sono le aste dei tribunali fallimentari», si capisce che il rischio che, attraverso qualche tentacolo più o meno visibile, la mafia rientri in possesso di ciò che le è stato tolto, c’è. E, purtroppo, è un rischio troppo concreto per permettersi di rischiare.


25 novembre 2009

L'intervista al Secolo d'Italia sui beni mafiosi all'asta

«Così basta un prestanome e la villa torna al boss»

Angela Napoli: sui beni confiscati rischiamo di vanificare il buon lavoro del governo

Valter Delle Donne
Roma. «Scusi, ma lei se la comprerebbe una casa che è stata confiscata a Totò Riina?». Angela Napoli, membro Pdl della commissione parlamentare Antimafia, da sei anni sotto scorta, cerca di rendere l'idea di quanto sia controproducente l'emendamento alla Finanziaria sui beni confiscati alla mafia da mettere all'asta. La misura consente la vendita dei beni confiscati, qualora gli stessi non vengano assegnati entro il termine di novanta giorni. L'ex magistrato, già parlamentare di An, è convinta che se la norma diventasse legge, «i beni dei mafiosi tornerebbero ai mafiosi, nonostante quello che sostengono i miei colleghi del governo e della maggioranza». Napoli ha appena incassato a Montecitorio il no in commissione Giustizia alla cancellazione dell'emendamento del governo, ma non si dà per vinta: «Lo ripresento in commissione Bilancio, non è possibile che non si rendano conto...»
Onorevole Napoli, su questo emendamento il governo esclude la possibilità che i beni sequestrati ai mafiosi tornino a loro. Viene specificato che vengono previsti una serie di controlli. Si passa anche per il placet del prefetto.
Tutto vero, sulla carta, ma purtroppo chi conosce le potenzialità della criminalità organizzata sa che sono paletti facilmente aggirabili. Nulla toglie alla serietà dell'organismo di controllo che è la Prefettura, ma è una pia illusione pensare che la mafia non si impadronisca del bene.
In che senso?
Basta un prestanome, incensurato, ad assicurarsi l'asta. Se lei pensa che una delle attività preferite per il riciclaggio del denaro sporco sono le aste dei tribunali fallimentari capisce, certamente, che non sarà un certificato antimafia a spaventare il mafioso di turno.
E quindi, secondo lei, se passa la legge che succede?
Che il bene messo all'asta non verrà acquistato da un privato cittadino, perché chi andrebbe ad abitare in una casa di un mafioso?
Andiamo avanti, non la compra il cittadino, quindi?
Quindi se la ricompra lo stesso mafioso attraverso un prestanome.
Però la spiegazione del governo è che il bene confiscato viene messo all'asta perché spesso è un rudere inutilizzabile dallo Stato...
Io dico: se si tratta di un rudere e se costa troppo ristrutturarlo, allora si provveda a demolirlo, ma non mettiamo in condizione il mafioso di rientrarne in possesso.
Le rispondo sempre con le spiegazioni fornite dal Viminale. I proventi delle vendite dei beni saranno impiegati per le forze dell'ordine e per la macchina della giustizia, quindi sempre contro la criminalità organizzata.
Capisco la necessità di far cassa al ministero della Giustizia e dell'Interno ma non si può accettare di far cassa con i soldi della criminalità organizzata. E poi questo non è un ragionamento da politico ma da contabile. Vado oltre: un mafioso preferisce prendere qualche anno di galera in più alla possibilità che gli venga confiscata la villa dove vive la sua famiglia. E poi, vuoi mettere l'efficacia del messaggio?
Intende l'eventualità che la villa del mafioso diventi una caserma dei carabinieri?
È un messaggio potentissimo, che rappresenta un monito. È come dire: qui lo Stato ha vinto, qui comanda lo Stato.
Invece, secondo lei, se passa l'emendamento alla Finanziaria?
L'immobile o il terreno, sia anche un rudere in disfacimento o un terreno incolto, torna alla prima occasione in mano al mafioso, attraverso una persona incensurata. Lo Stato non può fare niente. E il monito per i cittadini è esattamente il contrario. Come a ricordare: qui lo Stato ha perso.
Un quadro un po' catastrofista, non crede?
No, anzi. Quello che più mi dispiace è che chi cerca di portare avanti determinate battaglie viene quasi guardato a vista come un appestato. Eppure il governo Berlusconi sta facendo cose importanti nella lotta alla mafia. I beni confiscati sono aumentati. Lo ricordava in queste ore lo stesso ministro Maroni al vertice internazione a Venezia con gli altri ministri dell'Interno del Mediterraneo. Ricordo che nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" del luglio scorso c'è una misura che favorisce il sequestro dei beni illeciti e rende più rapidi i tempi per il loro affidamento. Ma a questo punto un emendamento di questo genere vanifica la bontà del lavoro prodotto finora.
25/11/2009

I provvedimenti del Governo per gli ergastolani che hanno ferito due Agenti di Polizia Penitenziaria

Ai Ministri della Giustizia e dell’Interno:

Per sapere – premesso che:

- nella giornata di ieri due ergastolani, Giuseppe e Pasquale Zagari di Taurianova (R.C.), Comune sciolto per ben due volte per infiltrazione mafiosa, hanno tentato l’evasione durante la loro traduzione dal carcere di Palmi al Tribunale Misure di Prevenzione di Reggio Calabria per un udienza a loro carico;

- solo il coraggio e il valido intervento dei quattro Agenti della Polizia Penitenziaria, due dei quali sono rimasti feriti, hanno evitato il peggio ed hanno fatto fallire il piano di fuga dei due pericolosi ergastolani;

- durante il trasferimento da Palmi a Reggio Calabria a bordo dell’autoblindo, nel tratto autostradale Palmi – Sant’Elia, uno dei due detenuti Giuseppe, ha chiesto aiuto agli Agenti paventando un finto malore del detenuto Pasquale ed appena aperta la porta della celletta interna al furgone, i due ergastolani hanno iniziato a sparare e ferito gli Agenti, i quali nonostante il ferimento subìto sono riusciti ugualmente a bloccare i due detenuti;

- i due detenuti Giuseppe e Pasquale Zagari, sono fratelli ed importanti elementi dell’omonima cosca della ‘ndrangheta di Taurianova ed hanno, altresì, una sorella fidanzata con il latitante Ernesto Fazzalari, anche lui di Taurianova e ricercato dal 1992;

- i due fratelli Giuseppe e Pasquale Zagari, condannati all’ergastolo per associazione mafiosa, omicidio e altri delitti, sono stati responsabili di una guerra tra due cosche taurianovesi, Avignone – Zagari – Viola e Asciutto – Grimaldi – Neri, che negli anni tra il 1988 e il 1991 hanno portato a ben 20 omicidi e 10 tentati omicidi e che ha fatto rimbalzare sulle cronache nazionali l’intera Città di Taurianova per aver portato nel 1991 all’omicidio di Rocco Zagari, padre di Giuseppe e Pasquale, ed ex consigliere comunale della DC e nel giorno successivo di altre tre persone, ad una delle quali è stata staccata la testa dal tronco a fucilate;

- i due ergastolani Giuseppe e Pasquale Zagari, detenuti presso il carcere di Voghera (Liguria), sarebbero giunti presso il carcere di Palmi (R.C.) sabato scorso e, lo scorso mese, sarebbero stati accompagnati a casa della madre, a Taurianova, quale premio per la “buona condotta” tenuta durante la detenzione;

- a parere dell’interrogante sembra assurdo continuare a premiare per “buona condotta” detenuti, quali i fratelli Zagari, che hanno alle spalle un curriculum criminale tale ad averli portati all’inflizione dell’ergastolo;

- ma sicuramente appare preoccupante ed assurdo che i due ergastolani Zagari fossero, a bordo dell’autoblindato penitenziario, in possesso di due pistole calibro 6,35:

- se non ritengano di dover fare avviare la procedura per sottoporre i due ergastolani Zagari all’applicazione del regime del 41 bis ;

- se non ritengano di dover informare il Parlamento su come i due detenuti siano riusciti ad entrare in possesso di ben due pistole calibro 6,35;

- se non ritengano di dover rivisitare la norma ed il sistema di benefici di cui godono i detenuti per la cd. “buona condotta”;

- se non ritengano, infine di poter incoraggiare all’uso delle video conferenze per le fasi processuali che riguardano in particolare i detenuti condannati per associazione mafiosa.

On. Angela NAPOLI

Roma, 25 novembre 2009

venerdì 20 novembre 2009

Necessario e urgente presidiare i lavori dell'Autostrada A3

Ai Ministri dell’Interno, del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Difesa:

- per sapere – premesso che:


- l’interrogante già con precedenti atti ispettivi, rimasti a tutt’oggi privi di risposta, ha denunziato la preoccupante escalation di atti intimidatori attuati nei confronti delle Imprese e degli operai che lavorano nei cantieri dell’Autostrada Salerno - Reggio Calabria;

- dalle varie inchieste giudiziarie, avviate negli anni, sono sempre emersi gli interessi delle cosche della ‘ndrangheta, vibonesi e reggine, sui lavori di ammodernamento dell’autostrada SA-RC;

- peraltro dalla relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, riguardante il secondo semestre del 2008 emerge che l’area a rischio in cui si proiettano le capacità imprenditoriali della ‘ndrangheta sono le costruzioni: in particolare, i lavori stradali, soprattutto quelli di ammodernamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria;

- i clan mafiosi calabresi si sarebbero ripartiti per territorio il controllo dei lavori in questione e nonostante le attività di indagine messe in atto dalla Magistratura inquirente ed i sistemi di vigilanza, gli operai continuano a subire atti intimidatori sempre più gravi che mettono a rischio la loro sicurezza, ma anche quella delle singole imprese appaltanti;

- l’ennesimo grave e preoccupante atto intimidatorio è stato perpetrato, nei giorni scorsi, a danno di sette operai che stanno lavorando in un cantiere della S.C.L. Costruzioni e montaggio s.r.l. A3 vicino a Scilla (R.C.);

- gli operai sono stati aggrediti e costretti ad abbandonare il cantiere da due uomini incappucciati e con le armi in pugno;

- la ditta presso la quale lavorano gli operai intimiditi ha iniziato l’attività da pochissimo tempo;

- proprio lo scorso anno , altri due banditi mascherati avevano aggredito e minacciato con lupare quattro operai che stavano lavorando per il rifacimento dell’autostrada A3 a qualche chilometro precedente a quello dove è stato attuato il nuovo gesto intimidatorio;

- le gravi pressioni, altre a preoccupare gli operai tutti, stanno incoraggiando le imprese aggiudicatarie dei lavori ad abbandonare la Calabria:

- se non ritengano necessario ed urgente far presidiare da un congruo numero di militari dell’esercito i cantieri autostradali al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori;

- quali urgenti iniziative intendano assumere per garantire la prosecuzione dei lavori di ammodernamento della Salerno – Reggio Calabria nel tratto reggino;

- quali urgenti iniziative intendano assumere per avviare un’adeguata normativa utile a garantire la pubblica amministrazione in tema di prevenzione dei fenomeni di infiltrazione mafiosa negli appalti.

On. Angela Napoli

mercoledì 18 novembre 2009

Inconcepibile la vendita dei beni confiscati alla mafia

Le misure di prevenzione patrimoniali hanno rappresentato una delle più efficaci attività di contrasto alle mafie. Colpire gli interessi economici e le ricchezze delle mafie, acquisti con i traffici illeciti, è stata ritenuta importante attività di prevenzione che ha sempre inciso negativamente sullo stesso “essere” uomo di mafia.
Anche il Governo nazionale con il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, legge n. 94/2009, ha inteso favorire il sequestro dei beni illeciti e rendere più rapidi i tempi per il loro affidamento. Mi appare, quindi, davvero inconcepibile l’assenso, dato al Senato, all’introduzione nella legge finanziaria dell’emendamento che consente la vendita dei beni confiscati, qualora gli stessi non verrebbero assegnati entro il termine di 90 giorni.
Conosciamo tutti quanto imponente sia il potere finanziario di ogni cosca mafiosa e sarebbe sicuramente “pia illusione” pensare che i criminali non riuscirebbero a riappropriarsi della loro illiceità, anche attraverso prestanomi vari.
Coloro che hanno proposto l’emendamento in questione e coloro che lo hanno successivamente votato si sono per caso documentati sull’entità del patrimonio attualmente confiscato alla mafia e non ancora assegnato? Hanno quindi valutato l’entità economica che rischierebbe di essere apportata alle singole cosche mafiose? O sono davvero convinti che un solo controllo, per quanto adeguato, riuscirebbe a bloccare la sete di riappropriamento del mal tolto?

On. Angela NAPOLI
Componente Commissione Nazionale Antimafia

domenica 15 novembre 2009

L'articolo di Giornalettismo.com


Non era solo uno scambio di battute quello tra finiani e sottosegretario all’Economia. L’onorevole Napoli ha chiesto l’accelerazione dell’iter di un ddl bipartizan che prevede fino a 5 anni di carcere per i politici che usano i voti della criminalità organizzata in cambio di favori.

Se Nicola Cosentino riceve da parte del presidente Berlusconi il via libera alla sua candidatura per la guida della Regione Campania, vuol dire che inevitabilmente a dover fare un passo indietro sono solo ed esclusivamente gli ex An come il Presidente della Camera Gianfranco Fini e il fido Italo Bocchino, che avevano ripetutamente nei giorni scorsi chiesto al Sottosegretario all’Economia la rinuncia alla competizione del prossimo marzo. Cosentino non aveva risparmiato stoccate ai compagni di partito ostili alla sua scalata: “Fra le cose che mi hanno molto amareggiato – rispondeva a Bocchino nell’intervista al Giornale di ieri – una riguarda il suo giornale (il “Roma”, ndr) che ha seguito l’inchiesta molto da vicino, rivelando dettagli coperti dal segreto istruttorio che i miei avvocati nemmeno conoscevano. Il Roma sembrava il Fatto di Travaglio…”. E rivendicava i suoi meriti nella gestione del Pdl: “E’ stata dura ripartire nel 2005 quando perdemmo malamente con un candidato (Bocchino, ndr) che dopo tre mesi abbandonò la guida dell’opposizione dicendo: “Qui non c’è niente da fare, questo sistema non lo abbatteremo mai”. E invece con Landolfi, con Cesaro e altri, piano piano l’abbiamo buttato giù il sistema”.

UN ITER SCORRETTO – Uno scontro, quello tra ex An e il coordinatore campano del Pdl, che aveva raggiunto l’apice con la richiesta di accelerazione dell’iter di un ddl inerente il “divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione”. A sottolineare la necessità di nuove norme è stata la deputata Angela Napoli, prima firmataria della proposta, solo una settimana fa proprio da Bocchino in persona elogiata, in diretta televisiva ad Annozero, per il suo operato in Commissione Giustizia e in Commissione Antimafia. “Io sto ad Angela Napoli, come tu a Di Pietro”, faceva sapere Bocchino rivolgendosi a De Magistris, presente con lui in studio, per marcare l’unità di intenti con la collega sul tema giustizia e sulle misure da adottare nei confronti della criminalità. “Proporrò che si arrivi ad un’approvazione della legge prima delle prossime elezioni, perchè credo che anche i partiti vadano responsabilizzati nella scelta delle candidature”, ha fatto sapere la Napoli sponsorizzando il testo al vaglio della Commissione e frutto della sintesi di cinque diversi progetti di legge presentati dalla stessa Angela Napoli, da Sabina Rossa e Nicodemo Olivero del Pd, da Roberto Occhiuto dell’Udc e dall’ex Idv (ora gruppo Misto) Aurelio Misiti.

UN PROGETTO DI LEGGE – Il progetto di legge, fa sapere l’agenzia Dire, si compone di tre articoli e modifica la legge n. 575 del 31 maggio 1965, che contiene disposizioni contro la mafia. Innanzitutto, viene aggiunto un ulteriore comma (il 5-quater) all’articolo 10 della legge del ‘65, che elenca una serie di divieti per le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione. In particolare, all’articolo 2 si precisa che “il sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza” che, sospettato di essere un affiliato o un colluso di mafia, camorra, ‘ndrangheta o qualunque altra organizzazione criminale, “propone o accetta di svolgere attività di propaganda elettorale, e il candidato che la richiede o la sollecita, sono puniti con la reclusione da due a cinque anni”.

UN PROBLEMA NELLA MAGGIORANZA? - Insomma, sarebbe interessante sapere oggi come intendono porsi nei confronti di questa proposta bipartizan tutti coloro, i berlusconiani di ferro alla Ghedini ad esempio, che lottano strenuamente per l’approvazione del processo breve e la reintroduzione dell’immunità parlamentare. Anche questa iniziativa verrà bollata come possibile responsabile di un ulteriore squilibrio di poteri tra politica e magistratura? Molti lo farebbero senza esitazione. Ma la finiana Angela Napoli sulla posizione da assumere nei confronti di norme che prevedono il carcere fino a 5 anni per i politici che usano i voti della criminalità organizzata in cambio di favori e la decadenza da ogni incarico e l’ineleggibilità fino a un massimo di 10 anni, non ha dubbi e ripete grossomodo quanto affermato da Fini a Che tempo che fa: “Credo ci sia urgenza di queste norme – dice – I partiti, sia di destra che di sinistra, devono guardare con attenzione alle scelte dei candidati puntando più sulla qualità che sul numero dei consensi che queste persone possono portare”. La parola, ora, passa a Cosentino e soci

giovedì 12 novembre 2009

Nave dei veleni L'Espresso - L'intervista

Quei veleni top secret
di Riccardo Bocca
Il governo cerca di nascondere la verità sull'inchiesta. L'accusa della parlamentare Pdl dell'Antimafia.
Colloquio con Angela Napoli

Angela Napoli, membro Pdl della commissione parlamentare Antimafia, lo dice apertamente:"Il governo sta cercando di nascondere la verità sulle navi dei veleni, e su quella di Cetraro in particolare. Si vogliono coprire segreti di Stato, e la strada scelta è quella del silenzio. O peggio ancora, di dichiarazioni che non stanno in piedi". Parole che arrivano dopo giornate intense. La settimana scorsa Pippo Arena, il pilota del congegno sottomarino che il 12 settembre aveva filmato la nave sui fondali calabresi, ha dichiarato a "L'espresso" che "due stive erano completamente piene". Poi è stato il turno del ministero dell'Ambiente, che ha pubblicato on line le immagini girate a fine ottobre su quello che ha presentato come il piroscafo Catania. Infine è spuntata, tra politici e ambientalisti, l'ipotesi che nel mare di Cetraro ci siano non uno, ma più relitti. "Il che potrebbe giustificare la fretta di voltare pagina del ministro dell'Ambiente", dice l'onorevole Napoli.

Un'accusa pesante, la sua: su cosa si basa?
"Penso, per esempio, a cosa è successo il 27 ottobre quando è stato ascoltato dalla commissione Antimafia il procuratore nazionale Piero Grasso. Appena gli ho posto domande vere, scomode, il presidente della commissione Beppe Pisanu ha secretato la seduta...".

Si può sapere, nei limiti del lecito, quali argomenti toccavano le sue domande?
"Chiedevo chiarezza sul ruolo dei servizi segreti in questa vicenda. Domandavo come potesse il pentito Francesco Fonti, che non è della zona, indicare il punto dove si autoaccusa di avere affondato una nave, e farlo effettivamente coincidere con il ritrovamento di un relitto. Volevo che superassimo le ipocrisie, insomma. Anche riguardo al memoriale del pentito, che è stato custodito per quattro anni, dal 2005, nei cassetti della Direzione nazionale antimafia senza che nessuno facesse verifiche".

Il ministero dell'Ambiente ha pubblicato sul suo sito le riprese della nave affondata a Cetraro. Non basta?
«Può bastare un filmino in bassa risoluzione che, quando clicchi, si apre su YouTube? Non scherziamo. E aggiungo: poniamo anche che le stive risultino vuote. Dov?è finito il carico visto dal pilota il 12 settembre?». Un dato è certo: alle 12,56 del 27 ottobre, il ministro Prestigiacomo ha detto che il robot aveva già svolto «le misurazioni e i rilievi fotografici del relitto».

Ed è stata smentita due volte: alle 13,12 dello stesso giorno dalla società Geolab che svolgeva il lavoro («Abbiamo fatto solo rilievi acustici»); poi in diretta a Sky da Federico Crescenti, responsabile del Reparto ambientale marino delle capitanerie di porto, il quale ha spiegato che le operazioni in acqua del robot sono iniziate la sera del 27.
«Dico di più. Sempre il 27 ottobre, la direzione marittima di Reggio Calabria ha trasmesso alla commissione Antimafia una mappa con i punti di affondamento di 44 navi lungo le coste italiane. Guarda caso, in Calabria ci sono nove croci senza nome...».

Rilancerà questo elemento in commissione Antimafia?
«Certo. Ma è difficile che un governo smascheri ciò che un altro governo ha occultato. C?è l?interesse bipartisan ad andare oltre, a dimenticare che il pentito Fonti parla di legami con ex democristiani e socialisti ancora attivi. Ricordiamo che il sottosegretario agli Esteri, in questo governo, fa di nome Stefania e di cognome Craxi».

Quindi?
«Basta con i segreti. Il governo vuole chiudere il caso Cetraro? Renda pubbliche le immagini satellitari dei traffici avvenuti nei mari italiani tra gli anni Ottanta e Novanta. La verità c'è già: basta avere voglia di vederla».

(11 novembre 2009)

mercoledì 4 novembre 2009

Il sequestro dei beni all'ex consigliere regionale Crea e le candidature delle prossime elezioni

L’operazione della DDA di Reggio Calabria, condotta dal Comando Provinciale dei Carabinieri, che questa mattina ha portato all’ingente sequestro dei beni di proprietà dell’ex consigliere regionale Domenico Crea e dei suoi familiari, comprova gli interessi e le collusioni che ‘ndrangheta ed alcuni ambienti politici hanno nel settore della Sanità calabrese.
Le indagini relative all’inchiesta “Onorata sanità” , nella quale è rimasto coinvolto Domenico Crea, dimostrano, altresì, quanto ancora in Calabria risulti rilevante il peso elettorale delle varie cosche mafiose e come queste riescano a far eleggere persone disponibili a cogestire affari ed interessi.
Ritengo che le risultanze delle indagini che hanno portato all’odierno intervento di prevenzione e che partono dalla campagna elettorale per le regionali calabresi del 2005, debbano essere adeguatamente tenute in considerazione dai partiti politici tutti, oggi più che mai allorché la nostra Regione si avvia alla nuova consultazione del 2010, al fine di un’ oculata valutazione delle candidature. Così come il Parlamento dovrebbe accelerare l’iter per la conversione in legge della proposta relativa al divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione.

On. Angela NAPOLI
Componente Commissione Nazionale Antimafia

martedì 3 novembre 2009

Le navi dei veleni e l'inquinamento ambientale in Calabria

Il problema dell’inquinamento ambientale della Calabria ha sempre destato in me grandi inquietudini e perplessità su come lo stesso sia stato continuamente affrontato. Inquietudini e perplessità che oggi più che mai, alla luce delle ultime vicende delle navi dei veleni, sono diventate non più sopportabili. Ed allora ho deciso di spogliarmi momentaneamente delle vesti di politico e di assumere i panni di normale cittadina che vive in quella martoriata terra. E’ poiché con tali vesti non intendo patteggiare né per i Governi nazionale o regionale, né per questo o quel Magistrato, più che mai per un collaboratore piuttosto che per qualsiasi trafficante o faccendiere, sento la necessità di porre alcune domande per vedere se qualcuno è in grado di darmi le relative risposte.
Premetto che parto dalla certezza che la ‘ndrangheta, come la camorra, trae grandi profitti dal settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e tossici e che per poter praticare tale illecita attività deve trovare complicità in ambienti istituzionali di varia natura.
Ma ritorniamo alle navi dei veleni e prima di potermi sentire tranquilla sull’esito delle relative indagini, gradirei sapere se c’è stata attività, ed in caso affermativo le relative risultanze, dopo la deposizione nel 2005 presso la DNA del memoriale del collaboratore Fonti. Se e chi ha avuto la possibilità di comparare le immagini realizzate dalla Geolab con quelle della Copernaut. Perché nelle fasi di accertamenti non vi è stata reciproca collaborazione tra Governi nazionale e regionale. Perché la Magistratura competente non ha provveduto a sequestrare i relitti reperiti al fine di accertare l’identità e l’eventuale uguaglianza degli stessi. Chi può garantire che a largo delle coste calabresi non giacciano navi affondate dalla ‘ndrangheta e contenenti rifiuti radioattivi. Chi mi garantisce che le morti del Capitano Natale De Grazia e della giornalista Ilaria Alpi non siano avvenute perché entrambi vicini alla scoperta di verità . Perché le indagini nel merito finiscono ogni volta che le stesse passano per competenza dalle Procure ordinarie alle DDA. Perché a distanza di anni qualcuno tenta di riavviare le indagini e qualcun altro fa si che le stesse vengano immediatamente chiuse.
Sarò sicuramente una cittadina sospettosa, ma se non mi verranno date esaustive risposte, non potrò che desumere che in questo settore, oltre agli interessi della ‘ndrangheta ci sono anche quelli di ben altri ambienti, la cui natura potrà essere identificata da ogni cittadino in chi riterrà più opportuno.

On. Angela NAPOLI
Componente Commissione parlamentare antimafia

Roma, 3 novembre 2009