mercoledì 25 novembre 2009

L'intervista al Secolo d'Italia sui beni mafiosi all'asta

«Così basta un prestanome e la villa torna al boss»

Angela Napoli: sui beni confiscati rischiamo di vanificare il buon lavoro del governo

Valter Delle Donne
Roma. «Scusi, ma lei se la comprerebbe una casa che è stata confiscata a Totò Riina?». Angela Napoli, membro Pdl della commissione parlamentare Antimafia, da sei anni sotto scorta, cerca di rendere l'idea di quanto sia controproducente l'emendamento alla Finanziaria sui beni confiscati alla mafia da mettere all'asta. La misura consente la vendita dei beni confiscati, qualora gli stessi non vengano assegnati entro il termine di novanta giorni. L'ex magistrato, già parlamentare di An, è convinta che se la norma diventasse legge, «i beni dei mafiosi tornerebbero ai mafiosi, nonostante quello che sostengono i miei colleghi del governo e della maggioranza». Napoli ha appena incassato a Montecitorio il no in commissione Giustizia alla cancellazione dell'emendamento del governo, ma non si dà per vinta: «Lo ripresento in commissione Bilancio, non è possibile che non si rendano conto...»
Onorevole Napoli, su questo emendamento il governo esclude la possibilità che i beni sequestrati ai mafiosi tornino a loro. Viene specificato che vengono previsti una serie di controlli. Si passa anche per il placet del prefetto.
Tutto vero, sulla carta, ma purtroppo chi conosce le potenzialità della criminalità organizzata sa che sono paletti facilmente aggirabili. Nulla toglie alla serietà dell'organismo di controllo che è la Prefettura, ma è una pia illusione pensare che la mafia non si impadronisca del bene.
In che senso?
Basta un prestanome, incensurato, ad assicurarsi l'asta. Se lei pensa che una delle attività preferite per il riciclaggio del denaro sporco sono le aste dei tribunali fallimentari capisce, certamente, che non sarà un certificato antimafia a spaventare il mafioso di turno.
E quindi, secondo lei, se passa la legge che succede?
Che il bene messo all'asta non verrà acquistato da un privato cittadino, perché chi andrebbe ad abitare in una casa di un mafioso?
Andiamo avanti, non la compra il cittadino, quindi?
Quindi se la ricompra lo stesso mafioso attraverso un prestanome.
Però la spiegazione del governo è che il bene confiscato viene messo all'asta perché spesso è un rudere inutilizzabile dallo Stato...
Io dico: se si tratta di un rudere e se costa troppo ristrutturarlo, allora si provveda a demolirlo, ma non mettiamo in condizione il mafioso di rientrarne in possesso.
Le rispondo sempre con le spiegazioni fornite dal Viminale. I proventi delle vendite dei beni saranno impiegati per le forze dell'ordine e per la macchina della giustizia, quindi sempre contro la criminalità organizzata.
Capisco la necessità di far cassa al ministero della Giustizia e dell'Interno ma non si può accettare di far cassa con i soldi della criminalità organizzata. E poi questo non è un ragionamento da politico ma da contabile. Vado oltre: un mafioso preferisce prendere qualche anno di galera in più alla possibilità che gli venga confiscata la villa dove vive la sua famiglia. E poi, vuoi mettere l'efficacia del messaggio?
Intende l'eventualità che la villa del mafioso diventi una caserma dei carabinieri?
È un messaggio potentissimo, che rappresenta un monito. È come dire: qui lo Stato ha vinto, qui comanda lo Stato.
Invece, secondo lei, se passa l'emendamento alla Finanziaria?
L'immobile o il terreno, sia anche un rudere in disfacimento o un terreno incolto, torna alla prima occasione in mano al mafioso, attraverso una persona incensurata. Lo Stato non può fare niente. E il monito per i cittadini è esattamente il contrario. Come a ricordare: qui lo Stato ha perso.
Un quadro un po' catastrofista, non crede?
No, anzi. Quello che più mi dispiace è che chi cerca di portare avanti determinate battaglie viene quasi guardato a vista come un appestato. Eppure il governo Berlusconi sta facendo cose importanti nella lotta alla mafia. I beni confiscati sono aumentati. Lo ricordava in queste ore lo stesso ministro Maroni al vertice internazione a Venezia con gli altri ministri dell'Interno del Mediterraneo. Ricordo che nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" del luglio scorso c'è una misura che favorisce il sequestro dei beni illeciti e rende più rapidi i tempi per il loro affidamento. Ma a questo punto un emendamento di questo genere vanifica la bontà del lavoro prodotto finora.
25/11/2009

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