mercoledì 25 novembre 2009

L'articolo di FareFuturo Web Magazine sui beni mafiosi all'asta

Angela Napoli avverte sul "rischio prestanome". Si vanificherebbero i risultati

I beni dei mafiosi all'asta:
attenti ai tentacoli della piovra...


di Federico Brusadelli

Per “fare cassa” si rischia di perdere un patrimonio molto più importante. Quello della credibilità nella lotta alla mafia. L’avvertimento lo lancia oggi, intervistata dal Secolo d’Italia, Angela Napoli, parlamentare del Popolo della libertà, membro della Commissione antimafia e da sei anni sotto scorta (tanto per dimostrare che, nella guerra alla criminalità organizzata, dice e fa cose “importanti”). Ecco la proposta in questione: mettere all’asta i beni confiscati ai mafiosi. Facile pensare che, come funghi, spunterebbero i prestanome, e i beni tornerebbero nelle mani di Cosa Nostra. Negare la possibilità che ciò accada, dice la deputata, sarebbe «una pia illusione». E, oltretutto, quale privato si comprerebbe, tanto per fare un esempio, la casa di Totò Riina? Non sarebbe un buon affare, in fin dei conti…

Per questo, Angela Napoli ha avanzato la proposta della cancellazione dell’emendamento in Commissione Giustizia. Ma i suoi colleghi l’hanno bocciata. E lei adesso ci riprova, in Commissione Bilancio. Anche perché, al di là del lato “pratico” della questione, c’è un importante aspetto simbolico (tutt’altro che secondario, in uno scontro che anche di simboli si nutre). «Se la villa del mafioso diventasse una caserma, sarebbe un messaggio potentissimo, e rappresenterebbe un monito. È come dire: qui lo Stato ha vinto, qui comanda lo Stato». Sarebbe un segno visibile e concreto dell’avanzata, anche “fisica”, delle istituzioni in un conflitto che, fondamentalmente, si gioca proprio sul controllo del territorio.

Un’idea che lascia quantomeno perplessi, insomma. E dispiace che tale allarme sia rispedito al mittente, quasi con sufficienza. A maggior ragione perché – come ci tiene a sottolineare Napoli – «il governo Berlusconi sta facendo cose importanti nella lotta alla mafia». E il valore e la quantità dei beni confiscati sono aumentati negli ultimi anni: il ministro Maroni ha parlato di immobili sequestrati per più di cinque miliardi di euro.

Proprio il titolare del Viminale ha voluto tranquillizzare quanti sollevano questi timori. A vigilare sulla regolarità delle aste, e a certificare la distanza dei compratori dal mondo della criminalità organizzata, sarebbero i prefetti. Ma non basta a rassicurare l’onorevole Napoli, che ribatte: «Senza nulla togliere alla serietà dell’organismo di controllo, si tratta di paletti facilmente aggirabili: basta «un prestanome incensurato ad assicurarsi l’asta» E se a questo si aggiunge che «una delle attività preferite per il riciclaggio del denaro sporco sono le aste dei tribunali fallimentari», si capisce che il rischio che, attraverso qualche tentacolo più o meno visibile, la mafia rientri in possesso di ciò che le è stato tolto, c’è. E, purtroppo, è un rischio troppo concreto per permettersi di rischiare.


25 novembre 2009

1 commento:

Pino Ferrante dalla Sicilia ha detto...

Cara On. Napoli
ha ragione da vendere e le sue motivazioni sono coerenti e rispecchiano la realtà dei fatti
che certamente si possono verificare.
Auguri di buon lavoro
Com stima
Pino Ferrante