mercoledì 5 agosto 2009

Guardie o ladri: il post di Roberto Galullo dal blog de Il Sole 24 ore


La lotta alle mafie dei governi: chiacchiere e distintivo come insegnano i casi di Gioia Tauro e Fondi e... Bardellino

Ricordate Robert De Niro nella parte di Al Capone che – nel film “Gli Intoccabili” – gridava al’agente federale Eliot Ness interpretato da Kevin Costner: “Sei solo chiacchiere e distintivo. Solo chiacchiere e distintivo”?
Ebbene quelle frasi sputate da un ladro (mafioso) a una guardia (incorruttibile) mi sono venute in mente seguendo le ultime vicende che hanno contraddistinto da una parte la politica governativa e dall’altra i Comuni di Gioia Tauro (Reggio Calabria) e Fondi (Latina). L’uno sciolto per mafia e sottoposto a vicende talmente ridicole che se non fosse stato per l’onorevole Angela Napoli non sarebbero mai venute alla luce. L’altro che avrebbe dovuto esserlo ma per le nequizie e le ipocrisie della politica è ancora lì: in piedi, mentre uomini coraggiosi dello Stato vengono lasciati soli e delegittimati.
Ma andiamo con ordine, ricordando che questi sono solo due esempi. Se ne potrebbero fare molti per mettere alla berlina le chiacchiere e i distintivi. Ho scelto questi due e non certo per capriccio. Così come chiarisco subito che – ci fosse stato un Governo di diverso colore politico – non sarebbe cambiato nulla. Basta voltarsi indietro e ricordare il nulla sotto vuoto spinto contro la pervasività delle mafie dell’Esecutivo guidato dal prevosto Romano Prodi.

GIOIA TAURO: TOC TOC, C’E’ NESSUNO IN COMUNE?
SI: LA ‘NDRANGHETA


Gioia Tauro è un paesone calabrese di 18mila abitanti: un porto straordinario che non è mai decollato e tanta, ma proprio tanta ‘ndrangheta, che respiri come l’aria pura in alta quota. Ebbene, in questo Comune, sciolto recentemente per ben due volte per infiltrazioni mafiose, così come altri 5 nelle vicinanze, non esiste più neppure la commissione prefettizia straordinaria insediata a seguito dell’ultimo scioglimento, avvenuto il 24 aprile 2008. Un commissario se ne è andato il 21 luglio 2009 per motivi personali e gli altri due si sono dimessi ufficialmente per ragioni di rispetto, ma secondo la stampa locale per: “insormontabili difficoltà sulla condizione del Comune di Gioia Tauro che scaturirebbero dalla presenza di notevoli incrostazioni nella pubblica amministrazione” e dalle “numerose resistenze interne al palazzo riscontrate nella loro azione di pulizia e di trasparenza della macchina amministrativa”.
E la seconda commissione straordinaria che salta – per la sua totalità – in meno di un anno. Se non è un record poco ci manca.
Scusi, signor ministro dell’Interno, onorevole-sassofonista-avvocato Roberto Maroni: chi guida la “baracca”? Provare per credere: visitate il sito http://www.comune.gioiatauro.rc.it/ e troverete che nella voce “organi di governo” la casella “commissione straordinaria” è vuota. Chi guida una nave dove è sceso persino il capitano (anzi: due capitani in meno di un anno) e che rischia di affondare in una sabbia mobile amministrativa zeppa di criminali, soprattutto alla vigilia di nuovi appalti miliardari nella Piana e traffici mondiali (anche illeciti) via mare?
Se lo è chiesto e lo ha chiesto anche il rappresentante della Commissione parlamentare antimafia, l’onorevole Napoli (ex An, comunque rimasta nel centro-destra), che ha presentato un’interpellanza che – ovviamente – è rimasta finora lettera morta (la allego a fondo pagina affinchè tutti possiate leggerla). Napoli non lo ha chiesto solo a Maroni ma anche al ministro della Giustizia “Angelino l’odo Alfano” e a Sua Onniscenza Silvio Berlusconi. Risposte: zero. Neppure le chiacchiere. Neppure il distintivo.
Ora qualcuno ci dovrà spiegare come è possibile che un Comune così importante possa restare senza guida. Un Comune oltretutto dove (vox populi) c’è chi giura che i veri mafiosi siano rimasti al proprio posto. Intoccabili, come diceva l’ex superprefetto di Reggio Calabria ed ex vicario della Polizia, il senatore Luigi De Sena (Pd), che ha sempre ricordato l’inutilità della cacciata dei politici collusi o mafiosi, senza la contemporanea cacciata dei pubblici funzionari, dirigenti e dipendenti, corrotti o criminali. Un Comune dove – allego a fine pagina lo schema ripreso pari pari dal sito comunale – i dirigenti si mettono in malattia in media 50 giorni all’anno. Aggiungete le ferie, scekerate il tutto e vedrete che un quarto di anno lavorativo se lo passano a casa. Altro che le cure del playboy Renato Brunetta, il ministro dell’efficienza provetta!

FONDI…DI DIGNITA’

E passiamo ad analizzare la tragicomica vicenda di Fondi, paesone alle porte di Latina dove (lo dicono gli investigatori, i magistrati e il prefetto Bruno Frattasi, non io che sono un umile giornalista) le mafie fanno da anni scorribande manco fossero sulle montagne russe.
Non voglio annoiarvi con la cronistoria di quanto sta accadendo a Fondi. Per questo, infatti, vi rimando alle numerose inchieste che ho scritto sul Sole-24 Ore, alle puntate su Radio24 nella mia trasmissione “Un abuso al giorno” e ai post scritti su questo blog il 28 gennaio e il 14 aprile 2009).
La sintesi è questa: la città di Fondi – e in vero l’intera provincia di Latina – ha una vita economica, amministrativa e sociale oramai dettata dall’orologio biologico della criminalità. Non passa giorno che non ci sia un attentato, un intimidazione e decine e decine di arresti, come gli ultimi clamorosi, che hanno portato all’arresto dell’ex assessore ai Lavori pubblici e di boss di ‘ndrangheta che condiziona(va)no il Mof, il Mercato ortofrutticolo che fattura un miliardo all’anno e conta oltre 120 aziende.
Ebbene, a Fondi, il prefetto, da quasi un anno ha consegnato nelle mani del sassofonista, per diletto ministro dell’Interno con un fazzoletto verde ramarro nel taschino, una copiosa produzione letteraria: circa 800 pagine con le quali si prospetta lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa.
E che fa il sassofonista-avvocato-ministro e con lui il Governo tutto? Prima nicchia (sapete com è, c’erano le elezioni europee e amministrative e in Italia, comunque, c’è sempre un’elezione), poi rimanda, poi promette lo scioglimento e infine (ma guarda tu che novità!) non mantiene.
Con la scusa – risibile – di dovere adeguare la relazione prefettizia alle nuove regole sullo scioglimento degli enti locali (sapete com è, in Italia esiste sempre il rigo 3 del comma 4 dell’articolo 7 così come modificato dall’appunto 9 del pizzino 11 del Gran Maestro 27) il Governo ha preso ancora tempo. Tutto questo ha dato il 24 luglio la possibilità al senatore Stefano Pedica (dell’Italia dei Valori) di inscenare una protesta scenografica nel corso della conferenza stampa della malcapitata ministra Mariastella stellina Gelmini.
Ora – anche ammesso e non concesso – che lo scioglimento arrivi (e sarebbe bene che si cominciasse a indagare anche su territori come Minturno, e a quanto mi risulta sta accadendo), mi domando e vi domando: ma dove sono i fatti contro le mafie? Dove sono gli interventi decisi e decisivi? Come si può – mi domando – lasciare solo e, di fatto, delegittimare il lavoro di uno tra i migliori prefetti in Italia? Come si possono ignorare le proteste, le denunce di centinaia di amministratori di ogni colore politico, di numerose associazioni antimafia e di migliaia di cittadini? Come si possono ignorare le inchieste della magistratura che hanno e stanno scoperchiando da anni il malaffare nell’area pontina? Solo chiacchiere e distintivo, ecco cos è la lotta alle mafie dei Governi, “solo chiacchiere e distintivo”.
Sapete cosa sta accadendo in questi mesi durante i quali il sindaco di Fondi, il mitico Luigi Parisella (Pdl), ha attaccato la libertà di stampa e i giornalisti, a partire da chi scrive, il quale è stato gratificato negli anni di diversi attacchi e deliranti comunicati stampa sul sito del Comune? Non ci credete? Andate su http://www.cittafondi.it/: li troverete anche l’ultimo comunicato stampa che si intitola: “A Silvio Berlusconi”. E’ un’ode che chiama alle armi il papi-Silvio a combattere quei cattivoni del Tg1 che hanno fatto del male, vale a dire la bua (in molte parti del Nord dicono la bibi) a Fondi e al Mof. Leggetelo quel comunicato stampa (così, almeno, lo chiamano, è fantastico!)
Ve lo racconto io cosa sta succedendo a Fondi e nella provincia di Latina. Preparatevi a ridere e ricordate che è solo un fior da fiore dei più incredibili episodi.

LE PERLE SU FONDI E SULLA PROVINCIA DI LATINA: E VAI CON
IL TRIO DI ATTACCO FAZZONE - PALLONE – LAURO


La cosa più bella (vi prego di cogliere l’ironia) l’ha combinata il senatore del Pdl Claudio Fazzone, tra i ras incontrastati del territorio. Con una dichiarazione anticipata sul sito http://www.provincialatina.tv/ ha detto che «...il prefetto di Latina dopo aver fatto il suo dovere non può entrare nelle questioni politiche facendo il giro delle settechiese degli esponenti della sinistra...per questo sono sempre più determinato nel chiedere, se occorre, una commissione di inchiesta che verifichi tutti gli atti e l’iter prodotto in questa vicenda dal Prefetto di Latina e della correttezza degli interventi delle forze di sinistra veicolati sui media».
Capito? Una commissione d’inchiesta sul commissario prefettizio! E anche sulla sui giornalisti comunisti! E perché non anche sui Ros e sulla Gdf che in questi anni in provincia di Latina stanno scovando il marcio anche sottoterra?
Fazzone nella sua crociata – scrive il quotidiano “Latina Oggi” vicino, se non erro, alle posizioni del senatore romano-pontino del centrodestra (più destra, estrema, che centro) Giuseppe Ciarrapico - non è solo. Il coordinatore regionale del Pdl, Alfredo Pallone (con ‘sto cognome o faceva l’attaccante o faceva il difensore) si è schierato nel tridente: ha attaccato la sinistra e parlato di «estraneità dell’amministrazione di Fondi dalle accuse di infiltrazioni camorristiche» ma ha anche aggiunto di attendere con serenità la decisione del Governo, che «sarà comunque quella giusta». Finora è stata giustissima, ovvio!
Persino il senatore Raffaele Lauro, ex prefetto, anche lui del Pdl, membro della Commissione parlamentare antimafia, ha detto che chiederà una apposita seduta
pubblica per esaminare gli atti già acquisiti e quelli dell’operazione Damasco che ha portato all’arresto di boss e complici.

SCENDE IN CAMPO ANCHE ER CIARRA

In questa terra di mafia che è diventato il sud pontino (Frosinone compreso) non poteva mancare l’intervento del senatore Ciarrapico, detto er Ciarra, che è si nello stesso schieramento politico ma – evidentemente – è all’opposizione interna su quel territorio.
Dunque er Ciarra dicevamo – che non conosco e, detto fra me e voi, non vorrei neppure sfiorare con una canna – sul giornale Latina Oggi, appunto, si spinge a chiedere una «commissione d’inchiesta sulle fortune patrimoniali, assai celeri peraltro, del senatore Claudio Fazzone». Forse Fazzone – prosegue Ciarrapico – “dovrebbe precisare gli abusi edilizi della sua villa di Fondi, tutta abusiva e fare l’inventario delle proprietà immobiliari della moglie. A meno che anche queste proprietà non siano frutto di omonimia”.
Ma vi rendete conto chi ha chiesto la commissione d’inchiesta sui beni patrimoniali di un collega di partito? Er Ciarra, insegnante-imprenditore, che di incontri ravvicinati con la Giustizia e con i creditori ne ha avuti non pochi e per il quale, come ricordava il Sole-24 Ore a maggio “l'ufficiale giudiziario si è presentato nella sua residenza dichiarata, cioè nel capannone accanto alla tipografia di "Ciociaria Oggi", scoprendovi però una sola stanza con brandina, tavolo, piccolo armadio e comodino”. Niente di pignorabile, insomma. Anzi, le parti civili avvertono che «Ciarrapico ha fatto annullare per motivi procedurali perfino quest'ultimo tentativo di esecuzione forzata». Di qui la soluzione finale: bloccare un quinto del suo nuovo reddito di parlamentare a favore dei creditori. Sarà stato fatto? Quali sono stati gli eventuali sviluppi? Non è dato sapere. Almeno: io non lo so. C’è qualcuno che lo sa? Me lo scriva. Magari lo stesso senatore-insegnante-imprenditore.

E VAI CON LA RICHIESTA MILIONARIA DI…BARDELLINO

In questo territorio martoriato - in cui intanto il Comune di Fondi naviga a vista, secondo le accuse dell’opposizione – accade che Ernesto Bardellino presenti ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. “Colui – svela Latina Oggi - che sempre è stato identificato dagli inquirenti quale boss della camorra appartenente al clan dei casalesi ha deciso di chiedere allo Stato italiano cento milioni”.
A comunicare la decisione sono stati i suoi avvocati di fiducia, Pasquale Cardillo Cupo e Guglielmo Raso, che hanno spiegato il motivo del ricorso per la vicenda della confisca dei beni eseguita nei confronti dell’assistito da parte del Tribunale di Latina.
Questa misura di prevenzione di carattere patrimoniale, secondo i due principi del foro, in base alla vigente normativa è applicabile a quei soggetti sospettati di appartenenza ad associazioni per delinquere di stampo mafioso o camorristico.
«Tale condizione, tuttavia, non è assolutamente ravvisabile – hanno spiegato gli avvocati – nei confronti di Ernesto Bardellino, posto che è stato assolto da tutti i tribunali di Italia dal reato di cui all'articolo 416 bis ed è privo di qualsiasi carico pendente. Non è mai stato condannato per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, come provato da sentenze assolutorie coperte dal giudicato che affermano altresì la lecita provenienza dei suoi beni patrimoniali, come affermato dalla Corte di Appello di Roma in una delle ultime pronunce di merito in cui si dava testualmente atto che la società di sua proprietà, la Tirreno Sud Srl, non era altro che ‘il frutto di una normale e onesta attività imprenditoriale’. Tuttavia, nonostante ciò Ernesto Bardellino è da anni sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza».
Molti dei beni patrimoniali di Bardellino sono finiti nelle mani dello Stato ma secondo i legali sarebbe stata commessa «una grave lesione della convenzione internazionale dei diritti dell'uomo». E pur riconoscendo (bontà loro!) l’operato della Giustizia italiana, ritengono che «le preminenti esigenze di tutela dei diritti umani impongono che della vicenda venga investita la Corte europea di Strasburgo, alla quale è stato richiesto di voler condannare lo Stato italiano a corrispondere ad Ernesto Bardellino un risarcimento danni pari a 100 milioni di euro, per la perdita del suo patrimonio e per i danni conseguenti ad una decisione contraria alla convenzione europea sui diritti umani, in particolare a quella sull'inviolabilità del diritto di proprietà».
Insomma, mentre c’è chi fa chiacchiere e mostra il distintivo, Bardellino & C. fanno i fatti.
Bene, bravi, bis. Così si fa. Che lo Stato e il Governo imparino la lezione! Ma, forse, l’hanno già imparata, come dimostrano i casi di Gioia Tauro e Fondi. O no?

roberto.galullo@ilsole24ore.com

ALLEGATI

ALLEGATO n.1

IL TESTO DELL’ INTERPELLANZA PRESENTATA DALL’ON.NAPOLI (Clicca per leggere)
ALLEGATO n.2


Fonte: http://www.comune.gioiatauro.rc.it/

Nessun commento: