venerdì 11 settembre 2015

«LA MIA BATTAGLIA CONTRO LE MAFIE»



Maria Enza Giannetto, 11 settembre 2015 

ANGELA NAPOLI: 

«LA MIA BATTAGLIA 

CONTRO LE MAFIE»

«L’antimafia dei fatti si fa a proprie spese e con coraggio. Si fa con denunce, rivelando nomi e cognomi e senza mai coprire malefatte, collusioni o corruzioni. Da qualunque parte esse provengano». Così Angela Napoli, calabrese, già deputata nazionale per 20 anni, oggi consulente della Commissione nazionale antimafia e presidente dell’Associazione Risveglio Ideale, parla di quello che da decenni è il suo impegno politico, civile e morale. Un impegno raccontato nel libro-inchiesta Angela Napoli, l’antimafia dei fattii, realizzato in parte sotto forma di intervista dal giornalista Orfeo Notaristefano.


Il libro sarà presentato sabato 12 settembrenell’ambito della tre giorni “Le donne non perdono il filo” organizzata da Fulvia Toscano, direttrice artistica di Naxoslegge. Angela Napoli riceverà il premio “La tela di penelope” assieme a Marinella Fiume, già sindaco di Fiumefreddo di Sicilia e presidente dell’Associazione Antiracket e Antiusura Carlo Alberto Dalla Chiesa e a Leoluchina Savona. Due siciliane e una calabrese impegnate a vario titolo nel rispetto della legalità e nella lotta alle mafie legate dal filo sapiente del saper fare contrapposto a quella che Angela Napoli chiama “l’antimafia parolaia”: «Molte associazioni – dice – comuni cittadini e politici si riempiono la bocca di antimafia e poi aggirano la legalità e finiscono con il favorire la criminalità, fino a esserne, addirittura, collusi». 

Napoli come è nato il impegno trentennale contro le mafie?«Vivo in Calabria da quando avevo sei anni. Dopo il matrimonio andai a vivere a Taurianovadove mi fu proposto di candidarmi a consigliere comunale. Parliamo del primo comune italiano sciolto per associazione mafiosa e oggi sciolto per la terza volta. Lì ho cominciato la mia vita politica e, parallelamente, rendendomi subito conto della collusione tra politica e ‘ndrangheta, ho iniziato le mie battaglie contro questa connivenza. Nel ’94, diventando parlamentare sono entrata nella commissione parlamentare antimafia e mi sono resa conto di tante situazioni che mi hanno portata a intraprendere, ancora più caparbiamente, la mia battaglia per liberare il territorio».
Una battaglia che la obbliga da 14 anni a vivere sotto scorta. Non si sente mai dire chi te l’ha fatto fare?«Me lo chiedono in molti e me lo sono chiesta anch’io nei momenti di maggiore paura. Quello che mi ha portato a chiedermi se valesse davvero la pena continuare è stato l’isolamento da parte della coalizione politica cui appartenevo (Popolo delle libertà/Futuro e Libertà, ndr). Poi, però, non ho voluto annullare il lavoro fatto negli anni, né disperdere i piccoli grandi risultati che avevo conseguito».
Lei ha un passato da insegnante e dirigente scolastico. Come si insegna ai giovani la cultura dell’antimafia.«I giovani non hanno bisogno di passerelle ma devono sapere che ci sono in atto programmi per garantire il loro futuro. Devono avere esempi di legalità e hanno bisogno, come dico nel libro, che chi guida le comunità lavori per aiutarli a sperare»


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